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Gabbie per grilli in vendita in una bancarella orientale (foto Alessandro Vecchi su Il Girovago)

Nel buio senti cri-cri. Ma in casa. Poi lo vedi che saltella. Prima uno – nel bel mezzo del soggiorno – poi un altro tra la cucina e la terrazza. Verso sera ne saltano fuori altri due, tre, quattro. Grilli, pensa un po’. Chi abita nella campagna attorno a Ferrara conferma: “Ce ne sono davvero tanti, quest’estate di grilli. Quando si taglia l’erba ne escono centinaia”. Anche chi ha un giardino urbano, li nota numerosi. Più curioso averli in casa, in pieno centro. Ma anche questo fatto, da una piccola indagine cittadina condotta nei giorni passati, non è inusuale .

I grilli, nei racconti orientali, sono considerati una gran bella cosa. Per questi insetti in Cina costruiscono addirittura piccole gabbie, dove vengono nutriti e abbeverati amorevolmente utilizzando minuscole ciotole in ceramica con vezzose decorazioni in scala. Lo scopo è quello di ascoltare il loro canto. E ogni esemplare sembra che emetta un suono un po’ diverso rispetto agli altri. Sono un bel po’ di secoli che, in Oriente, li prendono, addomesticano, vezzeggiano. Mi ricordo un racconto letto tanto tempo fa, e lo spiega e documenta bene con tanto di fotografie di bancarelle con gabbiette per grilli Alessandro Vecchi nel blog “Il girovago”.

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Particolare di un grillo fra gli “Insetti” dipinti da Jan van Kessel il vecchio su it-wikipedia

Meno scontato era trovarceli in casa, questi animaletti. Colore marrone chiaro-beige e dimensione medio-piccola. Sarà stato il grande caldo. Viene da cacciarli, ma se pensi quanto ci teneva, al suo grillo, il protagonista di quell’antico racconto orientale, ti sembra quasi un peccato. Cri-cri, di notte. Sempre più aggraziato, in effetti, del craaa-craaa a squarciagola che fanno durante il giorno le cicale. Pezzi di campagna in città. Qualche entomologo potrà forse spiegare come e perché…

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore del mantovano volante” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” dedicato all’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017).

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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