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Che domenica sarebbe senza “I racconti della domenica”? Ferraraitalia è sempre attenta ai propri lettori e non li vuole tenere sguarniti di argomenti e interessanti letture. E’ senz’altro il caso de “La Fabbrica della Felicità” della quale oggi riportiamo il quanto capitolo. L’innovativa e futuristica, quanto utopica novella del giovane CEO di B-smark LTD, Nicola Farronato. All’interno del racconto vengono delineati i punti chiave di una nuova potenziale “fabbrica” che non sia però basata su meccaniche prestazioni e su rapporti unicamente professionali tra individui, ma bensì una sorta di azienda nella quale rispetto al mero prodotto finale e al rapporto professionale prevalgono aspetti di umanità, e rapporti interpersonali felici..

Buona domenica e buona lettura con il nostro racconto e l’hashtag #it’salwaysagooddaytobehappy

Di seguito il capitolo 4 dal titolo “Ufficio Stile e Creatività”

03:22 Ufficio Stile & Creatività →
“L’ufficio stile rappresenta la libertà, la stravaganza, lo spazio bianco da riempire, l’assenza di
regole ferree, e la grande voglia di mettere in discussione quelle che ci sono”.
Lo stile è diverso dagli altri, il modo di vestirsi, gli interessi, il background. All’ufficio stile è
permesso di più. Si pu veramente osare, si pu sognare, si pu esporre con variazione, si ò ò ò
disegnano le linee del futuro. Si pensa lateralmente. Si cerca di sintetizzare una gamma di
messaggi nelle forme della materia, affinchè essa possa custodirli fino al punto di venire
acquistata, e poter riversarli sul nuovo titolare.
L’ufficio stile vive di intuizioni, che ne sono il nutrimento, e le intuizioni necessitano stile e
creatività a loro volta. Chi ci lavora dovrebbe ricreare le condizioni perchè queste proliferino, e
possano attorniarsi perci di ò inputs che le generino.
“Ma come posso definire una intuizione?”
Le intuizioni rappresentano lampi di conoscenza ad altissima velocità, con un impatto altissimo e
un piccolo sforzo quale scintilla. Lucien a momenti era sommerso da intuizioni, frecce di sapere
che gli arrivavano da tutte le parti. Erano cos veloci che lui alcune volte non aveva nemmeno il ì
tempo di prendere qualche appunto per fissarne gli estremi, che subito l’intervallo veniva tagliato
dall’arrivo di un altro messaggio, magari di altra natura e tema, finalità e qualità.

A tratti gli arrivi si raggruppavano, rincorrendosi in binari che parevano uno snodo di raccordo
metropolitano, con percorsi che si sovrapponevano quasi, ma all’ultimo invece correvano paralleli
verso la propria destinazione.
L’ufficio stile & creatività si occupava di dare vita alle premesse, e procurare gli strumenti, per
indurre le intuizioni, fonti di contenuti e grandi progetti futuri. Si sarebbe dovuto adoperare per
trovare le migliori condizioni affinchè il profilo dei suoi imprenditori potesse agevolmente
ricreare intuizioni, recepirle, riceverle, ottenere cioè grande progresso nella direzione di grandi
progetti, con minimi sforzi.
Quella conoscenza immediata della realtà delle cose; quella disposizione naturale a cogliere
prontamente e con chiarezza sia verità che soluzione di un problema. Era questo che Lucien aveva
in mente quando pensava ad intuizione. Un gruppo di individui avrebbe assunto all’interno della
organizzazione un ruolo di immediatezza rispetto alla realtà delle cose, soluzione ad articolate
decisioni, bacino di innovazione interno, crescita, creazione delle riserve di valore, risultati, e
felicità.
“Cosa prova una persona quando ha un’intuizione vincente?”
La sensazione delle persone quando hanno una intuizione, è sicuramente quella di aver accorciati
i tempi per la risoluzione di un nodo. In altri termini, avendo inconsciamente previsto una
dubbiosa prosecuzione e intricata difficoltà, le persone si destano dall’improvvisa chiarezza della
strada da prendere nell’arrivare, pochi istanti dopo, ad un punto di avanzamento insperato per la
loro crescita. Le intuizioni tagliano il tempo medio di raggiungimento degli obiettivi di ciascuno,
perci dovevano essere opportunamente coltivate all’interno della fabbrica. ò
Lucien pensava alle fabbriche classiche, quelle che poco conoscevano caratteristiche, valori e
grandi progetti di vita dei propri lavoratori. Dall’altro lato si rendeva sempre più consapevole che
l’evoluzione della fabbrica doveva in qualche modo passare per nuove fonti di creazione di valore,
reddito e ricchezza. In cuor suo, certo della portata di quello che stava iniziando, si sentiva
onorato di poter annoverare il tempo nelle fila di queste nuove sorgenti di crescita. Le intuizioni,
nella loro essenza, erano guadagni di tempo. Perci erano anche guadagni di valore, e avrebbero ò
potuto in quanto tali generare felicità extra, qualora utilizzate a questo fine.
“Chissà se le intuizioni si doveva aspettare, prontamente al varco con i neuroni allertati, oppure
era possibile anche ricreare un ambiente che le propiziasse, virtuoso di frequenti loro comparse?”.
Per Lucien era fondamentale capirlo fino in fondo. Doveva evidenziare nella sua tavola quali
dovevano essere le priorità dell’ufficio stile & creatività.

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Federico Di Bisceglie

Collaboratore de “Il resto del Carlino”, blogger su quotidiano online “Ildenaro.it” redattore Di “ferraraitalia.it”, marketing consultant for b-smark LTD Dublin. Studente di legge.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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