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“Tutto il paesaggio dell’Emilia-Romagna è un quadro di Giorgio De Chirico”. Piazza Castello a Ferrara – certo – ma anche il cimitero di Modena, l’inceneritore di Parma. A farlo notare è Giacomo Cossio con un incontro-lezione in un affollato Teatro Off di Ferrara in vista della grande mostra sul pittore metafisico che verrà aperta a palazzo dei Diamanti da sabato. “Noi viviamo in quei paesaggi – dice l’artista nella sua chiacchierata sull’arte – e non ce ne accorgiamo, ma siamo figli di quell’estetica”. Un’estetica nata prima di noi, che influenza anche chi non studia la storia dell’arte ma inconsapevolmente ne è avvolto, circondato, plagiato.

E, allora, per rimanere in terra ferrarese, viene subito in mente il centro del paese di Tresigallo, a una ventina di chilometri da Ferrara in direzione del mare, che è un comune metafisico che sembra uscito pari pari da uno dei suoi quadri; o la rotonda di San Giovanni che c’è appena fuori dalle mura del centro storico di Ferrara in fondo a corso Porta Mare, con il piazzale che mette in scena la scultura in bronzo di uno dei suoi manichini e il torrione delle mura sullo sfondo.

“Un grande artista – dice Cossio – è una spugna. Assorbe quello che gli sta intorno e restituisce l’immagine del proprio tempo. E De Chirico lo fa con la concretezza di paesaggi che sono sì la riproduzione di quelli veri, ma come lo può essere un plastico, un’architettura di cartone”. E’ questo il senso della metafisica, l’enigma di un mondo che accoglie la storia e però non ha più la spiritualità che animava l’arte precedente. Così, senza più il divino, il mistero diventa enigma delle cose, degli oggetti, di uomini che sono manichini. “Questa – commenta l’artista-critico – è la cosa tremenda che a volte ci allontana da quelle immagini. Perché sono disarmanti, stordiscono con la purezza di una descrizione da bambino che vede le cose per quello che sono, una realtà fatta di oggettini, di cieli blu, di edifici riconducibili all’essenzialità di forme geometriche solide. Una piazza di De Chirico è uno spazio rimontato, di cartone, con ombre e prospettiva semplificate. Dentro c’è anche la classicità del nostro passato, ma svuotata da dentro. A volte i volti delle statue o le cose antiche lui li prende e li appende a un gancio, li decontestualizza e fa una cosa che piacerà moltissimo a Duchamp perché anticipa il dadaismo, anticipa l’architettura di Aldo Rossi, anticipa un’estetica che ora è dominante e di cui, qui, possiamo vedere la vera origine”. Lo storico dell’arte assicura infatti che l’arte domina il mondo anche quando non ce ne accorgiamo, anche il mondo di chi non conosce l’arte e crede di seguire tendenze tutte contemporanee, che invece hanno le loro radici in questo passato culturale.

Sono immagini, quelle dei quadri che ci saranno in mostra a palazzo dei Diamanti e che già sono radicate nell’immaginario nostro, che derivano dagli studi e dalla passione di De Chirico per la filosofia. Il grande pittore metafisico – spiega Cossio – capisce come il vuoto di senso sia il punto cardine su cui lavorare. Parte in particolare da Nietzsche, che afferma che “Dio è morto”. Ma anche da Heidegger che dichiara che “in questo mondo non rimarrà che far di conto”. Così la sacralità terrena prende il posto della sacralità del cielo, i simulacri il posto degli dei.

Secondo il conduttore dell’incontro preparatorio alla mostra ferrarese, a questa idea De Chirico ci arriva attraverso i suoi studi, ma anche attraverso i suoi viaggi, che lo portano a girare un po’ dappertutto. “Un greco – lo descrive Cossio – nato a Volos da padre ingegnere palermitano, che va lì per costruire la ferrovia, e madre genovese. Ma che poi affina il suo sapere a Firenze, a Monaco (dove trova i suoi riferimenti artistici e filosofici), Parigi e Ferrara, dove arriva richiamato alle armi”.

Proprio a Ferrara tutto torna, le piazze incantate prendono forma; qui, un secolo fa, nasce la metafisica.

La lezione è finita. Alzi lo sguardo e sulla vetrata dello spazio teatrale di Ferrara Off, in fondo a viale Alfonso I d’Este, vedi fianco a fianco il piazzale esterno illuminato con i suoi edifici in mattone a vista e il torrione in mattoni del quadro di De Chirico, “L’enigma”, che si riflette dai muri interni su cui è proiettato. Sì, l’arte di De Chirico è qui, intorno a noi.

“De Chirico a Ferrara. Metafisica e avanguardie” in mostra a Palazzo dei Diamanti, corso Ercole I d’Este 21, aperto tutti i giorni ore 9-19 dal 14 novembre 2015 al 28 febbraio 2016.

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Lezione su De Chirico al Teatro Off di Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)
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Quadri e architetture reali si specchiano al Teatro Off (foto Giorgia Mazzotti)
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“Piazza d’Italia con Arianna”, olio su tela di Giorgio De Chirico del 1948
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La piazza di Tresigallo su Google Maps
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Rotonda di piazzale San Giovanni a Ferrara su Google Maps
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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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