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di Roberta Trucco

“Questa è una lotta tra una generazione giovane, diversa, femminista, contro una minoranza maschile, bianca, vecchia, disperata, che si aggrappa al potere”. E’ l’incipit di un articolo molto interessante scritto da Jessica Valenti sul Guardian dal titolo ‘Il dibattito sulle armi è una guerra culturale. E i giovani la vinceranno’.
La tesi, molto ben argomentata, è che oggi le contraddizioni di un patriarcato esacerbato dalle impellenze capitaliste stanno deflagrando. Non sfugge più agli occhi di molti, in particolare dei giovani nativi digitali che hanno accesso a molte informazioni provenienti da diverse fonti, l’arroganza di pochi, maschi, bianchi appartenenti a certe élite.
Alla marcia “in difesa della nostra vita” del 24 marzo scorso, organizzata da un movimento di giovanissimi, promossa per rivendicare il diritto a una regolamentazione dell’uso delle armi dopo la terribile strage di adolescenti nella scuola a Parkland in Florida, spiccavano slogan del tipo “Dovrei scrivere il mio saggio universitario, non le mie ultima volontà”, “Le pistole hanno più diritti della mia vagina”, “L’abbigliamento delle ragazze a scuola è più regolamentato delle armi in America”.
Nell’articolo la giornalista riporta che “solo il 3% degli americani possiede metà delle armi che si trovano in America”. E quel 3% non sono chiunque. Secondo uno studio fatto ad Harvard pubblicato su ‘Scientific American’ di questo mese, la persona che con maggiore probabilità accumulerebbe armi negli Usa è un anziano, maschio, bianco proveniente da un’area rurale conservatrice. “Una ricerca allarmante mostra che sono motivati ​​dall’ansia della razza e dalla paura di perdere la loro mascolinità”, continua Valenti e aggiunge: “Uno studio della Baylor University del 2017, ad esempio, ha scoperto che l’attaccamento degli uomini alle armi da fuoco deriva spesso da guai economici e dalla paura di perdere lo status di “capofamiglia” tradizionale”.

C’è un filo ormai, neanche più tanto invisibile, che lega il dibattito sulle armi alle questioni di discriminazioni di genere, razziali e generazionali. Il secondo emendamento della Carta Costituzionale degli Stati Uniti d’America dice che: “Essendo una milizia ben organizzata necessaria alla sicurezza di uno Stato libero, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto”. Sembra, alla luce delle tragiche stragi nelle scuole americane degli ultimi 15 anni, contraddire il senso stesso di Stato Libero. Libero per chi?
I cambiamenti delle nostre società ci obbligano a una riflessione profonda. È sempre più evidente che le carte costituzionali su cui sono scritti i fondamenti per una sana convivenza tra le persone che vivono in una stessa comunità non tengono conto della spaventosa accelerazione nel cambiamento sociale. Le leggi, il cui punto di riferimento è sempre la carta costituzionale, oggi sembrano fatte esclusivamente a beneficio di una minoranza di pochi, per lo più maschi bianchi, a scapito di una maggioranza fatta di giovani, bianchi e neri, di femministe/i, la cui diversità di estrazioni culturali diventano un collante e un punto di forza e non più una debolezza. La libertà solo teorica, vessillo del capitalismo, si rivela in tutta la sua fallacia e la democrazia che si fonda su un concetto ideologico di libertà e autodeterminazione, vacilla. Ma questo è un fenomeno solo americano o la contraddizione potente e innegabile della strenua difesa di un concetto di libertà individuale, astratta, neutra e non calata nella realtà di tutti i giorni riguarda tutte e tutti noi e tutte le democrazie occidentali?

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Redazione di Periscopio


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di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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