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Proviamo a immaginare Repubblica e Castello come un’unica piazza. Un enorme contenitore urbano di oltre cinquemila metri quadri (centotrenta di lunghezza con un’ampiezza media di quaranta) tutto da reinventare. Oggi piazza Castello è ridotta a disordinato e poco dignitoso parcheggio semiabusivo in cui autorizzati, ‘parautorizzati’ e affini – specie la mattina – sostano senza pietà e senza adeguato controllo o disciplina accanto al monumento più rappresentativo della città.
Piazza Repubblica in compenso non si sa nemmeno cosa sia: retrobottega di ‘soft drugs’, ripostiglio di negozi che tengono vetrina in via Garibaldi, area di sgambamento barboncini, munita solo di un triste lavacro (una fontana peraltro senz’acqua) cinta da alberi maleodoranti (le loro bacche in certi periodi dell’anno sono davvero fetenti, fateci caso: quell’odorino che sentite non sono escrementi di cani, sono gli alberi!).

Le due piazze contigue andrebbero certamente liberate dai veicoli, ripensate nell’arredo e nell’utilizzo e potrebbero forse essere ricongiunte in un unico disegno urbanistico, chiudendo il varco d’accesso fra la chiesetta di san Giuliano e il muretto del castello, creando così un rettangolo sghembo, una sola grande piazza con elementi interni di richiamo che diano unitarietà all’area.

Lo spazio così ridefinito potrebbe più agevolmente sviluppare con sistematicità quella vocazione che già negli anni ha sedimentato: quella di essere teatro di eventi, spettacoli, concerti. Potrebbe continuare a dare ospitalità ai mercatini d’arte, antiquariati e modernariato. E potrebbe persino rappresentare una soluzione per la spinosa questione del mercato del venerdì, offrendo un accettabile punto di compromesso fra chi considera accettabile che i banchetti dei venditori ambulanti stazionino in pieno centro e coloro invece che vorrebbero allontanarli dalla zona monumentale. Se proprio non si vuole evitare di esibire maglie e mutande in piazza, per una volta alla settimana allestire il mercato in questo grande e un po’ defilato contenitore sarebbe forse un male sopportabile anche per chi, come noi, lo considera – letteralmente – fuori luogo.
La grande piazza Repubblica-Castello e l’ampia strada di accesso dal fronte di viale Cavour potrebbero infatti ospitare, se non proprio tutti, almeno gran parte dei venditori, creando magari due aree mercatali distinte: una fra piazza Travaglio e corso Porta Reno. L’altra, appunto, fra piazza Castello e piazza Repubblica.

In ogni caso le auto dovrebbero essere bandite da tutta l’area. Normalmente ne stazionano una quarantina, con particolare accanimento nella prima parte della giornata. Non è accettabile che per il comodo di qualche decina di persone si comprometta il decoro di una piazza così rappresentativa, il cui godimento deve essere sempre garantito a tutti i cittadini e ai turisti, che nel centro storico di una città patrimonio Unesco si attendono di poter ammirare i monumenti e non di dover sopportare un parassitario traffico automobilistico.

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Piazza Castello e sullo sfondo piazza Repubblica
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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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