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Giornata mondiale della gentilezza oggi, non una giornata qualsiasi, una data non scelta a caso, perché coincide con la giornata della Conferenza del world kindness movement a Tokyo nel 1997, conclusasi con la firma della Dichiarazione della Gentilezza.
E di gentilezza ne abbiamo davvero bisogno. Nei gesti, nei sogni, nelle parole, quella gentilezza d’animo che rincuora, che avvolge, che risana, che riattiva la voglia di scambiare pensieri e idee, impressioni e sentimenti. Quella gentilezza che ci serve, come ci servono il respiro, l’empatia, la delicatezza, la condivisione, l’amicizia, l’amore.
Oggi questa parola strana sembra un’eccezione, una rarità, al punto che ci stupiamo quando ci lasciano il passo o ci aprono la porta, quando non ci urtano in aeroporto o in treno, quando non ci ribaltano per terra in un autobus o in una fila al supermercato.
E’ bello essere gentili, sempre all’ascolto, disponibili, ma è, talora, difficile. A volte scambiamo i gentili per deboli, quelli che non alzano la voce, in un mondo che urla per cercare di ottenere rispetto, quelli che non si fanno sentire per davvero. Ma sono loro, invece, i più forti. La gentilezza dovrebbe essere la regola, quella norma che caratterizza l’uomo per la sua sola natura di anima pensante (e, in teoria, intelligente).
Così a Roma, all’aeroporto di Fiumicino, oggi i viaggiatori saranno accolti dagli addetti ai lavori con fiori rossi (oltre 15.000 gerbere) e un flash mob “drum circle” eseguito dagli “Airport Helper”. In Francia, la rivista Psychologies ha lanciato un appello per una maggiore gentilezza sul luogo di lavoro e uno studio degli psicologi dell’università di Washington, John Gottman e Robert Levenson, ha scientificamente provato che la gentilezza è il segreto per la durata di un rapporto di coppia felice. Per anni hanno monitorato alcune coppie mentre cucinavano, parlavano, passavano il tempo insieme, durante i racconti, misuravano con gli elettrodi le reazioni dei loro corpi. Il risultato è stato sorprendente, le coppie che mostravano di interessarsi ai bisogni emozionali dell’altro, sono quelle diventate solide e inossidabili nel tempo. Bello e vero.
C’è poi il Movimento mondiale per la gentilezza che si prefigge lo scopo di “diffondere quanto più possibile il principio ispiratore, che vuole in ognuno di noi la disponibilità a comprendere i problemi del nostro prossimo e cercare di risolverli, ricevendone in cambio la soddisfazione intima e preziosa di aver aiutato qualcuno. […] l’obiettivo emergente risulta essere una più profonda e concreta diffusione della gentilezza fra i concittadini, del senso civico, del rispetto delle regole, della cosa pubblica, dell’ambiente e delle persone, nel quadro di una più armonica convivenza tra gli uomini”. Perché la gentilezza è contagiosa e ci aiuta a vivere meglio nella società”.
Diffondiamo allora cortesia, altruismo, generosità, disponibilità, serenità, buona educazione, buone maniere, diciamo grazie-per favore-prego-scusa. Spiazziamo tutti.
La gentilezza, come un virus, coinvolge chiunque ne venga a contatto. Oggi è l’occasione perfetta per diffonderla. Pratichiamo e praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso, oggi e non solo.

Il discorso della gentilezza amorevole (Buddha)

“Questo è quanto deve essere fatto da colui che è abile nel rispetto del bene
avendo ottenuto la condizione di pace:
sia egli valente, retto, integro,
dal cortese eloquio, gentile e non arrogante.
Sia soddisfatto e parco,
sia frugale e abbia pochi obblighi,
abbia i sensi quieti e sia maturo,
non sia impudente e non abbia avido desiderio quando questua nelle famiglie.
Non commetta alcuna vile azione
per cui altri saggi possano biasimarlo.
Possano tutte le creature essere felici ed in pace,
che la loro mente sia felice.
Che qualsiasi creatura,
sia essa mobile o immobile, senza eccezione,
lunga, grande,
media o corta, minuscola o corpulenta,
visibile o invisibile,
che viva vicino o lontano,
già nata o in procinto di nascere,
che tutte queste creature – dico – abbiano una mente felice.
Che nessuno mortifichi l’altro,
che nessuno, in qualsivoglia situazione, disprezzi l’altro,
che nessuno, per collera o risentimento,
desideri il male dell’altro.
Così come una madre difende suo figlio,
il suo unico figlio, a costo della vita,
allo stesso modo, nei riguardi di tutte le creature,
si deve sviluppare un’illimitata attenzione mentale
e una gentilezza amorevole per tutto il mondo.
Sviluppi un’illimitata attenzione mentale,
diretto verso ogni plaga,
senza alcun impedimento, senza inimicizia, senza rivalità.
Quando sta in piedi, cammina o è seduto,
quando giace fino a che non si addormenta,
sia ben risoluto nella consapevolezza:
tale condizione è detta divina, in questo mondo.
Non aderendo ad alcuna opinione,
virtuoso ed in possesso della visione interiore,
eliminando la brama dei piaceri sensuali,
mai più invero entrerà in un grembo materno”.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
direttore responsabile


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