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Doveva essere un convegno sul ruolo dell’associazionismo femminile, quello organizzato dalla sezione di Ferrara di Fidapa (Federazione italiana donne arti professioni affari) al Salone d’onore di Palazzo Roverella*, un incontro per conoscere e far conoscere le varie anime delle associazioni femminili e femministe che operano sul territorio ferrarese, ma è stato molto di più. Il convegno è diventato infatti anche un’occasione per riprendere il filo della memoria e comprendere in modo più approfondito quale sia stato e continui a essere il ruolo delle donne nella società italiana e, dimensione ormai imprescindibile, nel mondo globalizzato.
Un ruolo spesso sottovalutato – più o meno coscientemente – se, come affermato da Christine Lagarde, una delle donne più potenti del mondo, “C’è una cospirazione contro le donne”: la signora del Fondo monetario internazionale non ha usato mezzi termini e poco più di un mese fa sul suo blog ha scritto che “In troppi Paesi le restrizioni legali cospirano contro le donne per impedirci di essere economicamente attive. In un mondo che ha tanto bisogno di crescita, le donne possono dare un contributo, se solo hanno di fronte a sé delle pari opportunità, invece di una insidiosa congiura”. Lagarde ha fatto riferimento a una ricerca del Fmi sui danni economici del sessismo secondo la quale in più di 40 nazioni, tra cui molte ricche e avanzate, si perde più del 15% della ricchezza potenziale, per effetto delle discriminazioni contro le donne: 5% di Pil in meno negli Stati uniti, 9% in Giappone, mentre in Italia il 15% della ricchezza potenzialmente realizzabile se ne va a causa delle discriminazioni contro le italiane.
Al di là di queste pur importanti riflessioni di carattere economico, tutte noi, in particolare le più giovani, abbiamo bisogno di una maggiore consapevolezza a proposito del lungo cammino dell’associazionismo femminile e del ruolo giocato da tante figure femminili in momenti cruciali della storia d’Italia, fin da prima dell’Unità.
È nei salotti delle case di donne illustri dell’aristocrazia e della borghesia che i patrioti si incontravano e discutevano dando vita a nuove idee rivoluzionarie: il salotto di Clara Maffei in via dei Tre Monasteri a Milano era frequentato da Massimo d’Azeglio e dal pittore Francesco Hayez. Mentre la casa di Sara Nathan, a Londra e poi a Lugano, era diventata il centro di incontro degli esuli politici italiani, da Mazzini a Saffi a Cattaneo. Poi ci sono coloro che già a fine Ottocento si sono spese in prima persona per il raggiungimento dei diritti civili e politici delle donne: la socialista Anna Kulishoff, assieme alla sindacalista Maria Goia, ha avuto parte attiva nella lotta per l’estensione del voto alle donne tanto che, col suo sostegno, nel 1911 è nato il Comitato socialista per il suffragio femminile. Tanto intransigente sulla parità fra uomini e donne, da farne il suo credo politico, è stata Anna Maria Mozzoni: l’emancipazione femminile per lei era un obiettivo politico autonomo, pur intuendo tutti i legami fra emancipazione della donna e questione sociale, non ha mai accettato di subordinare il suo raggiungimento a un altro obiettivo. La sua speranza era che il Risorgimento politico diventasse anche un risorgimento femminile; convinta repubblicana, non ha esitato a rimproverare a Mazzini e ai suoi seguaci l’idea conservatrice che il posto della donna stesse soltanto nella famiglia e ne “La donna e i suoi rapporti sociali” (1864) ha scritto: “non dite più che la donna è fatta per la famiglia, che nella famiglia è il suo regno e il suo impero! Le son queste vacue declamazioni come mille altre di simil genere! Ella esiste nella famiglia, nella città, in faccia ai pesi e ai doveri; di questi all’infuori, ella non esiste in nessun luogo”.
Dopo la lunga parentesi del Regime le donne tornano protagoniste durante la Resistenza. Le donne partigiane combattenti sono state 35 mila: 4.653 di loro sono state arrestate e torturate, oltre 2.750 deportate in Germania, 2.812 fucilate o impiccate, 1.070 sono cadute in combattimento. Un’altra forma della Resistenza al femminile sono stati i Gruppi di difesa della donna, nati nel 1943 grazie all’impegno di Lina Fibbi (Partito comunista), Pina Palumbo (Partito socialista), Ada Gobetti (Partito d’Azione) e composti da 70.000 donne: organizzano scioperi contro i nazifascisti; creano una rete di assistenza solidale alle famiglie dei deportati, incarcerati e dei caduti; propagandano la resistenza sia pubblicando giornali sia contribuendovi attivamente nella vita quotidiana come nelle fabbriche, per il sabotaggio della produzione di guerra, nelle scuole.
Il diritto al voto nel 1946 non è stato un riconoscimento formale, ce lo siamo conquistato. Nonostante questo, su 526 membri, sono state solo 21 le donne elette all’Assemblea costituente.
Dopo le battaglie per l’emancipazione sono venute quelle per l’autodeterminazione: dal referendum sul divorzio del 1974 alla legge 194 del 1978 sul “diritto alla procreazione cosciente e responsabile”. Tutte conquiste ereditate ma non ereditarie, come è stato giustamente sottolineato sabato mattina e come hanno dimostrato, per esempio, gli interventi del convegno svolto dall’Udi – Gruppo salute donna nel marzo scorso alla Biblioteca Ariostea “Una battaglia per la dignità e la salute della donna. Applicazione e verifica della Legge 194 – Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza” [vedi].
Questa è la storia che abbiamo dietro le spalle, queste sono le radici su cui siamo cresciute e di cui dobbiamo andare fiere. Forse dovremmo fare tutte come la giovane attrice Emma Watson e definirci orgogliosamente femministe: se non ora quando?

* Convegno nazionale “Il ruolo dell’associazionismo femminile in una società in continua e rapida evoluzione”, sono intervenute Maria Chiara Annunziata, vice presidente nazionale del Centro italiano femminile; Maria Grazia Avezzù, già presidente Fidapa distretto Nord Est e ora presidente della Commissione pari opportunità della Provincia di Rovigo; Fiorenza Bignozzi, presidente dell’associazione nazionale Donne elettrici Ferrara; Paola Castagnotto, presidente del Centro territoriale Donna Giustizia Ferrara; Daniela Fratti, delegata Soroptimist international Ferrara; Liviana Zagagnoni, responsabile territoriale di Unione donne in Italia Ferrara; e Marcella Pacchioli, presidente dell’associazione Attiva Ferrara.

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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