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“Scusate potreste indicarmi il binario per la Svezia?”. Questo è l’incontro alla stazione Porta Garibaldi di Milano fra Gabriele Del Grande, giornalista e scrittore, Khaled Soliman Al Nassiry, poeta ed editore, Tareq Al Jabr, poeta e traduttore, e Abdallah Sallam, studente universitario di lingua e letteratura inglese, superstite del naufragio dell’11 ottobre 2013 a Lampedusa, che li ha avvicinati sentendoli parlare in arabo.

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Al Festival del cinema di Venezia

Così inizia il viaggio di “Io sto con la sposa”, un film senza dialoghi né personaggi, un documentario che parla di un sogno, un progetto politico di disobbedienza civile. Presentato nella sezione Orizzonti – Fuori concorso alla 71° Mostra del Cinema di Venezia, si è aggiudicato tre dei premi collaterali: il Premio Fedic (Federazione italiana dei cineclub), il premio Hrns (Human rights nights award) per il Cinema dei diritti umani e il Premio di critica sociale Sorriso diverso Venezia 2014. È stato proiettato al cinema Boldini nell’ambito della rassegna “Oltre la frontiera”, ideata in occasione del 18 Ottobre, Giornata europea contro la tratta di persone, e del 25 Novembre, Giornata internazionale contro la violenza alle donne.

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Un fotogramma del film

Come aiutare un gruppo di profughi siriani e palestinesi in fuga dalla guerra a raggiungere la Svezia? Ecco l’idea: un corteo nuziale, quale poliziotto di frontiera chiederebbe i documenti a una sposa e al suo corteo nuziale? Abdallah sarà lo sposo, Tasnim, un’amica siriana con passaporto tedesco anche lei appena fuggita lasciando parenti e amici, la sposa. Nel corteo nuziale Ahmad Abed e Mona Al Ghabra, marito e moglie, Alaa Al-Din Bjermi e il figlio Manar, alcuni amici fidati dei registi che accettano di aiutarli nell’impresa e i componenti della troupe che riprenderà il viaggio per farne un film.
Il ritrovo è all’alba del 14 novembre 2013, davanti alla stazione centrale di Milano, sono tutti vestiti eleganti come se stessero davvero andando a un matrimonio. In quattro giorni attraverseranno l’Europa a piedi, in auto e in treno, per arrivare a Stoccolma esausti ma felici e pieni di speranze il 18 novembre. Il percorso non è quello solitamente seguito da chi tenta questo viaggio perché le tappe sono scelte in base ad una rete di contatti e amici disposti a ospitare l’insolita carovana: da Milano a Marsiglia, passando a piedi il confine con la Francia a Grimaldi Superiore lungo il sentiero usato quando i migranti eravamo noi italiani, poi a Bochum in Germania, Copenaghen e infine l’ultima frontiera verso Malmo e Stoccolma. Perché la Svezia? Lo spiega Valeria Verdolini, una delle invitate del corteo nuziale, sociologa del diritto, presente ieri sera in sala: “è il paese europeo dove l’iter per ottenere lo status di rifugiato politico è più veloce e, una volta ottenuto, si ha diritto a un alloggio e a un corso di svedese nonché al ricongiungimento con tutti i famigliari”. Il problema è che secondo la legislazione europea si può chiedere asilo in un solo stato dell’Unione, il primo in cui si viene identificati, per questo molti migranti sono costretti a rimanere clandestini fino al loro arrivo in Svezia, rimanendo così in balia dei contrabbandieri: “Può un uomo pagare il prezzo della propria morte?” sì chiede Ahmad.

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Una degli spostamenti in treno

“Quello che ci interessava raccontare era un viaggio condiviso, in cui non ci fosse un Altro da noi. Volevamo raccontare un’Europa diversa, dell’accoglienza”, afferma Veronica. Per cambiare le cose c’è bisogno di “un’assunzione di responsabilità”, proprio come quella di Khaled che il giorno della partenza, dopo cinque anni in Italia, riceve finalmente la nazionalità, o come quella dei 2617 produttori dal basso che attraverso la piattaforma Indiegogo hanno finanziato la produzione del film, ringraziati uno per uno nei titoli di coda. Il film centra pienamente l’obiettivo di trasformare i numeri in nomi propri, in esperienze di vita in carne e ossa, e raccontare “una nuova estetica della frontiera”: “nessuno può dirmi questo mare lui lo può attraversare, lui invece per attraversarlo deve morire”, il mare, il cielo, il sole, la luna sono unici “per tutta l’umanità”.

Il film è stato recensito da ferraraitalia in occasione della presentazione al Festival del cinema di Venezia [vedi]

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Federica Pezzoli

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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