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Quando succede qualcosa di buono o anche qualcosa di negativo in un paese del vecchio continente che si chiama (o si chiamava) Europa, tocca non solo ai residenti di un singolo paese ma a tutti gli europei dire qualcosa. Ciò significa che anche un francese può criticare l’Ungheria o un tedesco può intervenire sulle vicende che accadono in Austria o in Italia.
Secondo me intervenire è un una cosa giusta, un progresso civile e democratico, e sarebbe anche una buona risposta  a ogni tipo di nazionalismo, tipo Salvini in Italia, Orban in Ungheria, Le Pen della “Grand Nation” francese o i protagonisti della cosiddetta “Alternativa per la Germania”. Il pensiero libero infatti non conosce confini, non sopporta sbarre, dogane e poliziotti armati; è una libertà da difendere ed anche da praticare con forza. Per questa ragione intervengo sulla Sinistra italiana e la paura, tornando indietro di qualche decennio, ma ben sapendo che è una riflessione che vale anche per la Germania.

Siamo negli anni della nascita leghista in diverse regioni del Nord d’Italia: la Lega Nord sembrava un fenomeno folcloristico e fuori dai tempi moderni, con militanti che apparivano quasi come gli indigeni di una tribù non civilizzata. Alla luce dell’esperienza di oggi si può dire che quello era un giudizio sbagliato e arrogante.
Proprio in quei tempi, un giornalista italiano chiese al vecchio sindacalista e scrittore Vittorio Foa perché secondo lui la Sinistra non fosse stata capace di raccogliere la protesta che era invece stata canalizzata verso la  Lega Nord. Foa rispose in un modo chiaro e la sua riflessione rimane di grande attualità anche oggi.
“Forse – argomentò Foa – la caduta delle motivazioni ideali ha tolto alla Sinistra la sua storica capacità di rappresentare la protesta. L’argomento è ricco di sviluppi: la Sinistra è cattiva quando ha gli ideali perché sono ideali di sinistra ed è cattiva quando non ha più ideali perché lascia spazio all’avventura”.
“La sinistra – aggiungeva – è sempre stata capace di esprimere la protesta dei poveri, di quelli che non hanno nulla da perdere, ed è invece stata incapace di esprimere la protesta di quelli che hanno qualcosa da perdere e hanno paura. Cos’è la Destra se non questa paura? Ma perché la paura di perdere qualcosa deve essere per la Sinistra socialmente, politicamente irrilevante?“

Cosi Vittorio Foa, già all’ inizio degli anni Novanta, metteva a fuoco un tema di grande rilevanza politica. Oggi, più di due decenni dopo si legge quell’intervista con grande nostalgia.
Perché la “Sinistra italiana” – scritto tra virgolette e senza un riferimento ad un partito concreto – non ha capito niente dalla profezia di Foa e di altri compagni della sua generazione. Con la paura della gente non si scherza, anche se la paura, per esempio quella contro “gli immigrati”, fosse senza fondamento. La paura nasce nelle teste degli uomini, ma resta anche nei loro cuori.
In un epoca dove non esistono più le “Grandi Chiese” sia religiose che politiche, dove la solitudine è diventata un fenomeno di massa, la paura si diffonde e si allarga sempre di più. Senza una risposta valida di una sinistra civile, questo territorio vasto sarà occupato da una Destra che pensa solo alla pancia a alle facili riposte.
Che povera Europa con un Italia per trent’anni guidata da Salvini e un Germania che slitta sempre di più verso una Destra rozza e semplificatrice!
“Abbiamo – come ha detto durante il Nazismo il filosofo antifascista Walter Benjamin – l’obbligo di difendere i valori civili in Europa“. Valori contro la paura e contro i leader autocratici.

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Carl Wilhelm Macke

È nato nel 1950 a Cloppenburg in Bassa Sassonia nel nord-ovest della Germania. Oggi vive a Monaco di Baviera e il piu possibile anche a Ferrara. Lavora come scrittore e giornalista. E’ Segretario generale della rete globale “Giornalisti aiutano Giornalisti (www.journalistenhelfen.org) in zone di guerra e di crisi, e curatore dell’antologia “Bologna e l’Emilia Romagna”, Berlino, 2009. Amante della pianura.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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