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da MOSCA – Quella porta bianca dalle ali dorate nasconde qualcosa di magico. Quella porta candida, l’entrata alla platea del magico ed eterno Bolshoi, schiude sogni e apre magie. Come sempre, insieme ai nostri amici incrociati lungo la strada, siamo lì anche a noi a sognare.
La campanella suona leggera, trilla piano piano, tintinna come se fosse sfiorata dalle ali di un cherubino. Delicata, dolce e amabile.

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Gli spettatori al foyer del Bolshoi

Così ci sarà aldilà delle lucenti vetrate? Cosa aspetta noi, il pubblico esitante e i ballerini eccitati ed emozionati? Quella porta rappresenta tutto, qualcosa di diverso per ciascuno di noi. Soprattutto per Daria e Ilya che hanno calcato i palcoscenici più famosi di tutta la Russia e che, oggi, esitano di fronte a quel mostro sacro. Il loro esordio in Romeo e Giulietta, dietro quelle tende imponenti sulle quali è ricamata la parola “Russia”, li fa tremare un po’. Timorosi ma felici.

Non è facile realizzare il sogno di una vita, quando si comprende che ci si è finalmente, e quasi incredibilmente, di fronte.
Hanno faticato, danzato, sudato, esitato, passato pomeriggi a provare e riprovare, a saltare, correre, piroettare, sfidare la pioggia battente e la neve incessante per arrivare in tempo alle prove, con il vento siberiano che faceva sobbalzare colbacchi e borse piene di fasce, corpetti, calzamaglie e scarpe da danza dalla dura punta di gesso. Gli scaldamuscoli non erano quasi mai sufficienti a riscaldare gambe fredde sui primi palcoscenici lontani di periferia. Ma poi erano arrivati luoghi più curati e riscaldati, la fatica e l’impegno li avevano sempre guidati, insieme all’amore per la danza, per la musica, per le note di quei compositori che avevano reso grande la Russia. Immensa, sterminata, smisurata, possente, materna e anche molto possessiva. Un Paese che, alla fine, li aveva accolti e compresi, fino a portarli di fronte ai più grandi ed esigenti pubblici. Fino al Bolshoi. Fino a quella porta dalle ali dorate. Ora erano lì, giovani, felici, innamorati di loro stessi e della loro arte, della loro passione travolgente, della loro vita.

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La porta dorata che conduce in platea

Dietro quella porta si stava per schiudere il sogno più sognato. Quella porta era pronta ad aprir loro un mondo magico e di fiaba. Dietro quella porta non vi era solo un traguardo tanto atteso ma anche il coronamento della loro storia d’amore. Perché Daria e Ilya si erano conosciuti nei camerini dell’antico Kirov e nella danza avevano alimentato anche il loro amore. Che, nel tempo, passo dopo passo, era cresciuto con loro e insieme a loro. Forte e vigoroso come i loro pas de deux, intenso come i volteggi e i salti verso il cielo. Dietro quella porta lui le avrebbe sussurrato, ancora e per sempre, le parole di William Shakespeare: “io desidero quello che possiedo; il mio cuore, come il mare, non ha limiti e il mio amore è profondo quanto il mare: più a te ne concedo più ne possiedo, perché l’uno e l’altro sono infiniti”. Un giuramento eterno.
Perché il loro sogno ora era realtà, mentre la porta si apriva.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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