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Sono sedute una di fronte all’altra, non si vedevano da tempo.
Che piacere rincontrarsi dopo tanti anni. Tante vite sono passate sotto i loro occhi e pensieri, tante gioie e tanti dolori, tanti amici e tanti nemici, tanti successi e tante delusioni. E poi gli amori iniziati e finiti, i figli nati e partiti lontani, i lavori terminati e perduti, i baci regalati e rubati, gli anni che sono passati. Tania e Anna si abbracciano, si baciano sulle candide guance, si accarezzano i capelli curati, morbidi e lucidi, lasciati liberi dai loro copricapi invernali già necessari per la prima neve. Vestite di stelle, si sono date appuntamento in una sala da tè moscovita, dall’atmosfera molto retrò e liberty, se non altro perché li’ parla e si mangia francese. Chez Paul, il classico nome che si ritrova un po’ ovunque a Parigi o in altra città della Francia. La musica in sottofondo è quella della colonna sonora di W.E., di Abel Korzeniowski, un vero genio delle note e della loro armonia.
Una musica del ritorno, dell’amore complicato, dell’amicizia ritrovata, del legame oltre la vita. Quella musica che proprio ora mi sta ispirando, che mi porta in questa scena finemente colorata, dai dolci sapori del miele e dei macaron, del tè al gelsomino e delle zollette di zucchero di canna a forma di cuore e di pulcino. E’ quasi una scena d’altri tempi.
Intorno ci sono note, dolcezza, spensieratezza, libertà, voglia di vivere e amicizia.
I giornali appoggiati sui tavolini lasciano intravedere la pagina degli spettacoli, balletti, concerti ma anche esposizioni e spettacoli del circo. La parte degli annunci presenta alcuni cerchi, marchiati a inchiostro rosso intenso, su annunci di scambi di amicizia e di conversazioni russo-francese. Sono stropicciate, perché vissute, studiate, lette e rilette, consumate dalla ricerca di qualche cosa. Chissà se accarezzate trepidando o se scartate con impeto, distrazione, rabbia.
Tutto lì dentro sa un po’ di attesa.
Alle pareti ci sono immagini in bianco e nero della Parigi degli anni trenta, qualche riproduzione di foto di Henri Cartier Bresson; ci sono poi anche ritratti che ricordano i bei lineamenti delle donne degli impressionisti. Una pare proprio la bella e dolce Jeanne Samary, di Auguste Renoir, che, oggi, se ne sta tranquilla nelle enormi e luminose sale dell’Hermitage.

chez-paulTania e Anna si guardano, si possono specchiare ciascuna negli occhi verdi trasparenti dell’altra, hanno visto talmente tanto spesso le stesse cose che ormai si assomigliano. Hanno quasi la stessa espressione, lo stesso colore di occhi, gli stessi vestiti, lo stesso cappellino, la stessa gonna, gli stessi stivali, le stesse rughe, le stesse espressioni.
Quasi fossero allo specchio. E stasera lo sono davvero, senza schermi né difese. Si parlano, si capiscono, si sono perse di vista negli anni ma si sono ritrovate oggi, cambiate ma uguali.
La vita non è poi così diversa, ci sono sicuramente delle varianti, ma la sostanza resta la stessa, per tutti. Tania e Anna continuano a parlare, si sorridono, si commuovono, si confessano. Come le amiche di sempre, quelle che sono state e che sono rimaste. E, dolcemente, si guardano allo specchio. Riflessi di luce si diffondono nell’aria leggera profumata di caramello e di tiglio. Bello ritrovarsi, senza più distanze né troppe speranze. Lo specchio parla da sé.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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