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di Alessandro Oliva

E’ forse incredibile pensare che 44.197 video girati come contributo e materiale fondante di un bizzarro progetto audiovisivo possano venire scremati e assemblati da una esperta squadra di selezionatori e montatori coordinati da un regista premio Oscar per poi venire dotati di una colonna sonora, di movimento ed intenzionalità narrativa ed infine costituire un film di grande impatto visivo ed emotivo?
Istintivamente verrebbe da dire che è impossibile o troppo difficile, ma è proprio da questo processo che è nato Italy in a day, documentario realizzato su iniziativa di Gabriele Salvatores e presentato pochi giorni fa fuori concorso alla 71esima Mostra di Venezia.

Il film, diretto discendente di Life in a day, documentario diretto da Kevin Mcdonald e prodotto da Ridley Scott, realizzato grazie al monumentale lavoro di selezione e montaggio di oltre 80.000 video, è una forma audiovisiva totalmente innovativa, generata dagli utenti e per questo acclamata come democratica e descritta come Social Movie. In questo nuovo modello di film si palesa un obiettivo tanto semplice quanto ambizioso: regalare una panoramica dell’ Italia, dei suoi abitanti e della loro vita in un giorno qualsiasi, il 26 ottobre 2013, grazie a riprese, spezzoni, corti realizzati dagli italiani stessi.

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Il logo di ‘Italy in a day’, progetto sviluppato sotto la regia di Gabriele Salvatores

Non si può prevedere il risultato di un simile esperimento e io, che sono in sala durante l’anteprima veneziana, non so cosa aspettarmi. Da un lato credo che sarà inevitabile ritrovarsi di fronte a scene grezze e volgari, dall’altro provo una sorta di oblio, mi sento come un foglio bianco su cui il film è pronto a scrivere e dipingere. Non si capisce se per uno scherzo del destino o se intenzionalmente, ma prima della proiezione viene consegnato il Leone d’Oro a Thelma Schoolmaker, storica montatrice di Martin Scorsese, quasi a ribadire l’importanza di questo specifico momento dell’arte filmica.

Infine le luci si spengono e tutti attendiamo di vedere un giorno italiano in 75 minuti.
Quello a cui assistiamo è strabiliante: piccoli frammenti si legano l’uno all’altro secondo una suddivisione temporale e tematica che ci porta dall’alba al tramonto, dalle prime luci al buio. In essi gli italiani si raccontano e mostrano: alcuni sono abbracciati ai loro cani o gatti, altri sotto le coperte, alcuni si ritraggono in sport estremi, molti si baciano. Ci sono astronauti, medici, testimoni di giustizia, pensionati, anziani, barboni e molti giovani, alcuni disoccupati, altri oramai fuori dall’Italia. I sentimenti si alternano: gioia, umorismo, divertimento, cupezza, perplessità, determinazione, rimorso, amarezza e riflessività travolgono lo spettatore, in un caleidoscopio emozionale. Il film ha una vita sua, va avanti a ritmo serrato e poi ti lascia respirare, ti porta nell’intimità più profonda e poi ti fa sfrecciare nelle strade, nelle montagne e nei fiumi. Le immagini colpiscono, si susseguono una dopo l’altra sul sentiero tracciato dalla musica. La sala ride, piange e applaude.
Al termine della proiezione siamo tutti storditi, gli spettatori se ne vanno barcollanti, tra di loro ci sono anche alcuni dei realizzatori dei video.

Uscito, non posso fare a meno di chiedermi che cosa abbiamo visto. Certo, un trionfo dell’internet culture e un nuovo genere di film, ma è un puzzle di piccole realtà o un ritratto illusorio? La risposta probabilmente è entrambe. Sicuramente non è stato mostrato tutto, mancano molti tasselli come la mafia, la corruzione, altre cose di cui ci dovremmo vergognare e altre di cui dovremmo andare fieri. L’ onnicomprensività in un film forse non può esistere, e per varie ragioni: contributi non poi così numerosi, necessità selettive da sposarsi a un formato fruibile, quindi la semplice impossibilità di riprendere o fare riferimento a tutto. Un film, proprio per la sua costituzione, non può rivelarci il reale, perché è orientato, perché è un racconto che subisce l’influsso dei suoi autori, sempre e comunque. Il quadro, nella sua interezza, difficilmente è realistico, ma, gli spiragli di realtà sono molti perché, nonostante tutto, Italy in a day ritrae un paese con persone semplici, modeste, dignitose, desiderose di condividere senza quell’esibizionismo piaga dei social network e per questo, a mio modo di vedere, vere. L’Italia che ho visto rappresentata allora non è veritiera, né magari quella di tutti i giorni, ma è di certo un’ Italia umana, che mi ha emozionato e che mi ha reso fiero, che dovrebbe renderci tutti fieri.

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Redazione di Periscopio


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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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