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di Linda Ceola

l’educazione più importante è quella musicale, perché il ritmo e l’armonia scendono profondamente nell’anima e vi si adattano saldamente, portandovi eleganza e rendendo distinto chi è rettamente educato. Chi è educato alla musica esalterà le cose belle e ne trarrà godimento, e accogliendole nella sua anima, ne sarà plasmato e diventerà un uomo onesto e virtuoso
Platone, Repubblica

“In un anonimo pomeriggio stavamo discutendo di musica come spesso si soleva fare e fu per noi curioso scovare in un negozio, un disco della Bottega Musicale Ferrarese” affermano i due soci fondatori di Aminta. Questa è stata una tra tante piccole epifanie che hanno portato Eugenio Sorrentino ed Enrico Scavo alla fondazione dell’associazione Aminta, che intende riprendere in mano il ricco lascito della Bottega, il cui progetto, nato negli anni Settanta del Novecento, era quello di studiare e ricostruire le vicende musicali ferraresi del periodo quattro-cinquecentesco.

Domenica 26 febbraio, nel contesto del Carnevale Rinascimentale, Aminta, in collaborazione con il Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio G. Frescobaldi, ha inscenato un tipico carnevale di corte presso la Sala delle Carte Geografiche del Museo Archeologico di Ferrara, coinvolgendo strumentisti, coro, danzatrici e cantanti, esibitisi in balli e musiche tipiche del Rinascimento Estense. L’occasione ha visto la presenza e la partecipazione di alcuni esponenti dell’originaria Bottega Musicale Ferrarese, che ancora una volta ha riconosciuto la neonata associazione, nonché il suo impegno nel costruire un’entità strutturata e stabile nel tempo, in grado di interagire con realtà che si occupano di Rinascimento, come per esempio l’Università, l’Ente Palio e i Musei Civici, al fine di mantenere viva l’attenzione nei confronti di un periodo culturalmente molto importante per la nostra città.

Ferrara durante il Rinascimento è stata protagonista di una grandiosa fioritura culturale spinta dalla diffusione delle celebrazioni festive sacre ma, soprattutto, profane. Si narra che Alfonso I d’Este, grande appassionato di musica, amasse di tanto in tanto isolarsi in compagnia di pochi amici intimi per suonare e cantare madrigali. “Il personale favore di Alfonso I d’Este – scrive Woodfield nel suo testo dedicato alla viola da gamba – confermò senza dubbio Ferrara come centro propulsore della viola d’arco in Italia all’inizio del Cinquecento”.

Questo testimonia il fermento musicale della corte estense che non risparmiò nell’accaparrarsi i migliori strumentisti, compositori e cantori del tempo. In questo contesto teatro e spettacolo instaurano un florido dialogo con la polifonia strumentale e vocale che a oggi conta rarissimi esempi documentati (è il caso per esempio delle danze di Domenico da Piacenza). Trovare manoscritti o stampe di musica sacra di quel periodo è difficile, per non parlare della musica profana. La scarsità di documenti impone un’esecuzione filologica che nonostante l’uso di strumenti musicali antichi, non garantisce una fedele ricostruzione dell’esecuzione dell’epoca. Non c’è uno spartito e la coscienza del suono si è evoluta.

“E’ necessario uno studio minuzioso delle fonti – sostiene Eugenio Sorrentino – al fine di offrire al pubblico una lettura più aderente possibile al contesto artistico e sociale del tempo”. La sensibilità di Eugenio ed Enrico e il rispetto che dimostrano nei confronti di una tradizione musicale così lontana è sorprendente. Giungono all’ideazione di Aminta – Nuova Bottega Musicale Ferrarese dopo aver condotto percorsi formativi paralleli, intersecatisi presso il Conservatorio Frescobaldi di Ferrara.

Dal rock al punk per poi passare al jazz attraverso un tocco di ska, fino alla musica antica e nello specifico quella rinascimentale di tradizione ferrarese. Così il basso elettrico di Enrico diventa contrabbasso per poi trasformarsi nell’antico violone, mentre Eugenio passa dalla tromba, alla tromba barocca per approdare infine al cornetto. La passione per la musica rinascimentale diventa incontenibile e mattone su mattone vengono poste le basi per lo sviluppo di Aminta, associazione che ad oggi conta un bel gruppo di affiatati musicisti e musicologi, specializzati nel patrimonio musicale della Ferrara rinascimentale con finalità di riscoperta, studio e divulgazione.

“Riportare in auge l’atmosfera del tempo, attraverso una giocosa commistione delle arti – asserisce Eugenio Sorrentino – è il nostro fine ultimo”. ‘S’ei piace, ei lice’, scrive Torquato Tasso in chiusura del I Atto dell’Aminta.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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