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“Ritornerò da te con questo cielo in mano…” canta al Festival di Sanremo Giovanni Caccamo; poco dopo nello spazio televisivo dedicato alla pubblicità, lo spot dei Baci Perugina recita gli eterni versi di Prevert “i ragazzi che si amano”, eterna suggestione dello stato nascente. Romina Power e Albano cantano insieme perché la gente, che ne ha fatto il prototipo della coppia felice, non ne vuole sapere delle storie che li hanno portati in altre vite. Sul Corriere della Sera del 13 febbraio Silvia Avallone ripropone l’elogio della lunga durata dell’amore che accompagna la vita di chi invecchia insieme. Troppo facile parlare dell’amore appassionato, della sicurezza arrogante di un corpo capace di suscitare desiderio e, al contrario, della bellezza perduta.
L’eterna suggestione dell’amore, ben oltre la festa di San Valentino, alimenta il bisogno di continuità e di emozione, di riconoscimento e di rinnovamento: emozioni che parrebbero inconciliabili e che pure, ognuno, si illude di conciliare.
E ora c’è la rete: l’amore al tempo di Internet propone contatti (non solo virtuali, ovviamente) in pochi minuti utilizzando i vantaggi del mobile e della geolocalizzazione è possibile combinare incontri; moltissimi siti ormai propongono l’incontro dell’anima gemella, attraverso gli algoritmi che elaborano gusti, passioni, “qualità” dichiarate per offrire profili compatibili. La rete cambia tutto e nulla allo stesso tempo. Cambia le forme del contatto e del corteggiamento, la fonte delle gelosie, i modi di essere presenti anche a distanza, attraverso video e chat, non cambia le emozioni, la tensione verso la sicurezza, il bisogno di continuità, come le tentazioni di fuga.
Bisogna riconoscere che la parola amore riconduce ad unità (inevitabilmente banalizzando il tema) una larga varietà di sentimenti ugualmente importanti per la vita e che non possono essere interpretati con l’antinomia passione/solidarietà. Non vi è dubbio che l’amore è anche amicizia, che comporta la capacità di coltivare le relazioni, di prendersi cura, avere la pazienza dell’ascolto, guardare (ed essere guardati) con occhi benevoli e non giudicanti. Come dice Francesco Piccolo (Corriere della sera, 9 febbraio) amarsi vuol dire anche farsi compagnia in alcuni pomeriggi piovosi della domenica e desiderare di eliminare gli stessi concorrenti di Masterchef. Ma oggi, dopo la stigmatizzazione dell’amore liquido, dell’amore “usa e getta” (banale descrizione dell’aspirazione all’autenticità con cui gli individui hanno cercato di misurarsi), l’accento torna sull’amore “sentimentale”.
Il discorso sull’amore riflette lo spirito del tempo. Il discorso odierno sull’amore esalta la continuità, quella tenacemente costruita. Non a caso: questo tempo sollecita il bisogno di legami, già il lavoro è sufficientemente precario, che almeno l’immaginario emotivo sia alimentato da sentimenti di lunga durata! Anche il discorso sull’amore, così eterno e universale, è influenzato dal clima sociale e dal tempo della storia.

Maura Franchi è laureata in Sociologia e in Scienze dell’educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei consumi. Studia le scelte di consumo e i mutamenti socio-culturali connessi alla rete e ai social network.
maura.franchi@gmail.com

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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