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La cover di “Vedrai vedrai” è il biglietto da visita di Eugenio Picchiani, interprete della versione rock del brano di Luigi Tenco, sorprendente per l’energia che riesce a dare a questo classico della canzone italiana. Il brano riflette i sensi di colpa del cantautore ligure nei confronti della madre, in ansia per il figlio che non vede ancora realizzato.
Picchiani ha alle spalle esperienze importanti come i due anni trascorsi alla RCA Italiana con Bruno Zambrini e Cesare De Natale, dove ha realizzò numerosi demo nell’attesa di un debutto discografico che sarebbe avvenuto qualche anno dopo con “Angeli” (1990).
Il cantautore romano ritorna sulla scena musicale con “L’antidoto”, il nuovo album in cui l’amore è il medicamento necessario per sconfiggere discriminazione e pregiudizio, comun denominatore dei 14 brani che legano antichi sentimenti a nuove realtà.

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La copertina del nuovo album di Eugenio Picchiani

“Tempi duri – tempo nuovo” parla delle libertà essenziali dell’uomo, libero dal vuoto degli ultimi della terra, immaginati mentre salgono le scale di grandi palazzi. Il brano è il manifesto dell’intero album, un mare di sottotracce da individuare e comprendere.
“Siamo liberi di amare come ci va, siamo liberi l’amore non conosce età, non conosce sesso e non ha diversità, siamo liberi l’amore è questo che ci da amore mio infinito sarai per me…”. Queste le parole dell’inciso di “Liberi di amare”, inno all’amore universale, il cui video è stato girato da Gianni Catani ad Assisi, logico scenario per un messaggio d’amore.
In “È più che amore”, nella duplice versione in italiano e spagnolo, la passione ferma il tempo per evitare il distacco dalla persona amata: “Senza te io sono niente, se è lo stesso che provi anche tu allora abbracciami e sarà per sempre estate in questo inverno”.
A volte piccole canzoni possono sorprendere, come nel caso di “Non farlo”, dall’inciso breve ma contagioso, impreziosito dai vocalizzi di Helen Tesfazghi e dalle armonizzazioni del coro: “Aspettami che arrivo, dammi solo un minuto, prendo il bagaglio dei pensieri e ti chiedo aiuto”. “Non farlo” è un brano importante, la chiave segreta con cui entrare nel cuore del disco.

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Eugenio Picchiani

“Ma se la mente chiede aiuto all’anima, nelle sue mani torna libera”, questa frase svela l’essenza de “L’aquila”, esortazione a vivere esperienze ed errori, eloquente sintesi della poetica del suo autore: l’artista è libero di credere, sbagliare e immaginare un mondo diverso.
“Liberamente” esplora soluzioni e speranze, prive di vincoli e frontiere, per chi non deve mai sentirsi diverso: libero amore per libero pensiero. Le metafore sono da interpretare ma la chiave di lettura è ancora volta l’amore. La musica sorregge il testo in una sorta di marcia incalzante, adatta ai toni profondi della voce di Picchiani. “Sognami” è una canzone intensa che prosegue idealmente lo stesso percorso di “Liberamente”, un luogo della mente dove “… lampioni a tratti spenti per la strada conducono in un mondo dove nessuno sa le coordinate e io ti darò la chiave”.
“Niente per caso” si apre al ritmo della batteria, un inizio in punta di piedi per affermare che “Il pensiero popolare non è legge universale da poter decidere di rinunciare per sempre…”. Il desiderio di essere un ladro d’amore svela la paura di perdere chi si ama. Completano il disco le mille porte che si chiudono nel brano “Il canto dell’anima”, oltre ai brividi del sogno sterile di “Solo aria”, intreccio ricco di figure dirette e riflesse.

Il disco è stato realizzato con la collaborazione di Stefano Zavattoni, direttore d’orchestra conosciuto a livello internazionale, che ha firmato gli arrangiamenti e diretto la sessione di 18 archi “All time strings ensemble”, oltre a Davide Aru, chitarrista di importanti protagonisti della scena musicale.
“L’antidoto” è un sogno divenuto realtà, la conferma della forza della voce e soprattutto del talento come autore di Eugenio Picchiani.

Guarda il video ufficiale di “Liberi di amare”

Guarda il video ufficiale di “Sognami”

Guarda il video ufficiale di “Non farlo”

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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