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Per i festeggiamenti dei 500 anni dalla prima pubblicazione dell’Orlando furioso, a Ferrara si sta ricreando il clima culturale, artistico e letterario di quella prima metà del Cinquecento, l’importante anniversario culminerà nella mostra intitolata “Orlando furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi“.

Dopo il grandissimo successo di “De Chirico a Ferrara. Metafisica e avanguardie”, il 2016 ferrarese sarà sicuramente connotato dall’attesissima esposizione dedicata all’Ariosto e all’Orlando furioso. È già noto che si tratterà di una grande mostra d’arte, che riporterà a Ferrara alcuni dei capolavori qui realizzati 500 anni fa. Tra essi “Il baccanale degli Andrii di Tiziano” (vedi scheda), un tempo gioiello dei Camerini Ducali diventato patrimonio del Prado. Una delle straordinarie opere che, anche grazie alla collaborazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, partner di Ferrara Arte per questa mostra d’eccezione, potranno essere ammirate a Palazzo dei Diamanti. Nel mondo dell’arte, è già grande l’attesa per questa mostra che si terrà a Palazzo dei Diamanti, dal 24 settembre 2016 all’8 gennaio 2017.

(A cura della Fondazione Ferrara Arte)

Scheda della tela di Tiziano “Il baccanale degli Andrii”
L’opera fu l’ultima ad essere fornita da Tiziano per la Sala dei Baccanali nei Camerini d’alabastro di Alfonso I d’Este, dopo la Festa degli amorini (1518-1519) e il Bacco e Arianna (1520-1523), con un intervento anche sul Festino degli dei di Giovanni Bellini, nel 1524-1525, dove ritoccò il paesaggio in modo da adattarlo allo stile degli altri dipinti.

Nel 1598 Ferrara passò sotto il dominio dello Stato Pontificio e la famiglia d’Este dovette riparare a Modena. Durante il trasferimento, il cardinale Aldobrandini, legato del Papa, si appropriò di diverse tele, fra cui il Baccanale e la Festa di Venere. Gli Aldobrandini non esibirono mai il maltolto; il fatto divenne noto solo dopo il 1629, quando i dipinti, divenuti possesso per eredità dei Ludovisi, furono venduti al duca di Monterey, dignitario di Spagna, e cognato del duca di Olivarez, in pagamento del Principato di Piombino; egli poi ne fece dono a Filippo IV di Spagna nel 1639. Le prime menzioni documentate in Spagna risalgono agli inventari del Palazzo Alcázar di Madrid nel 1666, 1686 e 1700.
Le tre tele di Tiziano furono ammirate e copiate tanto in Italia quanto in Spagna, da artisti come Rubens, Reni, Poussin e Velázquez, fornendo ispirazione per lo sviluppo del gusto barocco. È rimasta famosa la notizia del pianto sincero del Domenichino nel vedere quei capolavori lasciare l’Italia.

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Sara Cambioli

È tecnico d’editoria. Laureata in Storia contemporanea all’Università di Bologna, dal 2002 al 2010 ha lavorato presso i Servizi educativi del Comune di Ferrara come documentalista e supporto editoriale, ha ideato e implementato siti di varia natura, redige manuali tecnici.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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