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“La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con una sentenza emanata lo scorso 25 luglio, ha stabilito, in linea di principio, che gli organismi ottenuti mediante nuove tecniche di mutagenesi rientrano nella sfera di applicazione della direttiva europea in materia di OGM”. Lo ricorda il Presidente di Confagricoltura Ferrara Pier Carlo Scaramagli, che prosegue “Le nuove biotecnologie sono importantissime, perché possono contribuire a garantire una produzione alimentare sostenibile, a tutelare le nostre produzioni tipiche sempre più minacciate da malattie di difficile controllo ed in continua evoluzione, oltre che dai cambiamenti climatici. La decisione della Corte UE avrà effetti devastanti, perché mentre l’Unione Europea, pur essendo dipendente dalle importazioni di quasi tutti i tipi di derrate alimentari, alza un muro invalicabile contro il miglioramento genetico, i Paesi extra UE continueranno a considerare le piante modificate con le tecniche di editing genomico non rientranti nella sfera OGM; sicché continueremo ad importare quei prodotti, e non sapremo mai (perché nessuno sarà in grado di verificarlo) se sono stati ottenuti grazie all’ausilio di nuove biotecnologie o da mutazioni spontanee. La differenza con gli OGM è sostanziale – spiega Scaramagli – perché mentre le piante OGM vengono ottenute grazie allo spostamento di un gene da un organismo all’altro, con le nuove biotecnologie viene corretto il gene della pianta che si vuole migliorare, aumentando, ad esempio, la resistenza all’attacco di un determinato parassita, evitando quindi di dover procedere con lo spargimento di insetticidi. Eppure per la Corte di Giustizia non c’è nessuna differenza così, tra l’altro, vedremo ancora una volta i nostri migliori ricercatori emigrare nelle multinazionali che si occupano di queste ricerche. E’ una sentenza che richiede una riflessione politica attenta – conclude il Presidente di Confagricoltura Ferrara – che determini un ripensamento complessivo delle norme in materia perché, diversamente, la nostra agricoltura non sarà in grado di fare fronte alle sfide poste dal cambiamento climatico e rispondere alle sollecitazioni a ridurre l’utilizzo dei prodotti fitosanitari”.

Da: Confagricoltura Ferrara

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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