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Questo fine settimana la Fiera di Ferrara dedicherà due giorni ad uno degli oggetti più ambiti del momento: il drone. Il 28 e 29 marzo si tiene infatti Drone Show, non solo un’esposizione di una grande varietà di modelli, ma anche incontri, per approfondire la normativa italiana, i tanti impieghi del drone e per incontrare il gotha del settore. Dalle start up come la ferrarese Innova, ai guru come Chris Anderson, CEO dell’americana 3D Robotics.

Parallelamente al Drone Show, si terrà anche Tecnoelettronica, uno spazio espositivo dove terranno banco alcuni nuovi sistemi operativi, la piattaforma elettronica “Arduino”, le stampanti 3D (area makers), le illuminazioni led e i dispositivi per il risparmio energetico, la robotica e le tecnologie di uso quotidiano più all’avanguardia. Sezione speciale di Tecnoelettronica è “Game Challenge”, dove i videogiocatori potranno sfidarsi in tornei online di varie piattaforme, mentre nell’area dedicata ai “retro games”, cimeli pressoché introvabili saranno al centro di vivaci contrattazioni tra gli amanti del vintage.

Aspettando questo evento, abbiamo incontrato un’azienda ferrarese che opera a cavallo tra il settore dell’elettronica e quello dei droni e che per questo sarà a pieno titolo in fiera: la Tryeco 2.0.

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Nata nel 2005 da cinque architetti usciti dalla Facoltà ferrarese, si colloca fisicamente nello Spazio Grisù (l’ex caserma dei pompieri ora factory creativa) e idealmente nel futuro. Ormai dieci anni fa con grande lungimiranza, questi ragazzi, provenienti dai vari angoli della provincia, si sono uniti attorno ad un core business allora unico in Italia: scansione laser e stampa 3D.

“La nostra intuizione è stata trasferire tecnologie già esistenti – spiega Roberto Meschini, uno dei soci – prima utilizzate solo in campo industriale e meccanico, ad altri settori come quello dei beni culturali”.

“Siamo stati i primi – prosegue Matteo Fabbri – ad unire il procedimento di scansione laser a quello di stampa 3D, e a sperimentarlo per esempio per riprodurre statue di cui non è più possibile fare il calco per non rovinarle”.

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Mostrano un altorilievo di un marmo dell’Antonino Pio conservato a Casa Romei, e una testa di Matidia Minore commissionata dalla Sovrintendenza per i beni archeologici del Lazio per sostituire l’originale, in prestito al British Museum.
Chiedo se ci sono limiti alle cose che è possibile scansionare e riprodurre. Mi dicono di no, che per esempio hanno riprodotto per il MEIS (il Museo nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara) il modello in 3D del ghetto ebraico come appare nella mappa del Bolzoni del ‘600.
O ancora è loro la statua della dea Athor esposta in una piazza di Torino per il rilancio del museo egizio.

“Non ci sono limiti – conferma Meschini – ma bisogna individuare la tecnologia adatta, altrimenti ci sono delle spese inutili. Le tre cose da capire quando si vuole affrontare un progetto sono: quanto si ha da spendere, che effetto si vuole ottenere, e qual è il target. Noi ora siamo in grado non solo di realizzare il prodotto, ma anche di offrire questa consulenza. Noi amiamo definirci sarti digitali”.

“Per essere aggiornati sulle tecnologie – aggiunge Fabbri – stiamo collaborando con un’altra azienda di Spazio Grisù, la Innova, sono i nostri dirimpettai. Loro si occupano proprio di progettare i droni, e noi li aiutiamo ad analizzare i dati e ad ottimizzarli. Per esempio abbiamo spostato la telecamera da sotto a sopra per riprendere meglio le volte delle chiese, come quella di San Paolo, di cui abbiamo analizzato lo stato di degrado”.

Al Drone Show presso lo stand Tryeco 2.0 sarà possibile far scansionare il proprio corpo, e se si vuole, a pagamento, si riceve a casa il proprio mini-me.
“Abbiamo lanciato il selfie 3D – scherza Meschini – abbiamo anche depositato il marchio commerciale per i pupazzetti delle caricature delle squadre sportive”.

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Fantasia, intuito, lungimiranza, competenza e collaborazione. Sembrano essere queste le caratteristiche grazie alle quali, anche una piccola azienda ferrarese può puntare al mondo.

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Stefania Andreotti

Giornalista e videomaker, laureata in Tecnologia della comunicazione multimediale ed audiovisiva. Ha collaborato con quotidiani, riviste, siti web, tv, festival e centri di formazione. Innamorata della sua terra e curiosa del mondo, ama scoprire l’universale nel locale e il locale nell’universo. E’ una grande tifosa della Spal e delle parole che esistono solo in ferrarese, come ‘usta’, la sua preferita.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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