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Il 22 maggio alle ore 20.45 presso la Scuola Bonati di Ferrara chi scrive terrà la conferenza dal titolo “Imparare la gratitudine”, a chiusura del cicloEducare insieme” organizzate dalla scuola.
Di seguito alcuni dei punti che si cercheranno di sviluppare durante l’incontro.
La gratitudine implica il riconoscimento dell’altro e perché ciò accada occorre a propria volta essere stati riconosciuti. Quindi è un atto di reciproco riconoscimento ed è questo il suo valore nella costruzione del legame sociale e personale. Una mia paziente afferma che “la gratitudine è fondata sul saper vedere. Sapere chi si è, cosa si ha, quali ricchezze interiori (e non) ci circondano e sapere chi ha contribuito a donarcele. Tutto ciò significa trovarsi di fronte allo specchio di se stessi e sapersi vedere in tutte le diverse sfumature”.
La gratitudine non implica che il conto sia saldato e rifugge da logiche contabili. Per insegnare la gratitudine occorre educare alla gratuità dei gesti nelle relazioni affettive, cioè dare senza poi ad un certo punto della vita presentare il conto. È la consapevolezza della gratuità delle relazioni e dei sentimenti che ne conseguono che sollecita, attraverso il dono, un meccanismo di contro dono.
Il senso di gratitudine non si sollecita con i “favori”, che anzi possono avere effetti opposti, ma con il riconoscimento e l’empatia. Un altro paziente sostiene che “dire grazie agli altri presuppone l’avere riconosciuto il valore di sé e di ciò che abbiamo e l’aver riconosciuto il valore degli altri… una conferma di sé che proviene dal riconoscimento degli altri, del loro spazio, della loro importanza nella nostra vita”.
Occorre poi distinguere una gratitudine legata alla contingenza di un atto e la gratitudine come attitudine costante verso l’altro e verso la vita. Posso anche essere grato all’altro che mi permette di compiere un gesto che implica un dono e tale gesto mi fa sentire bene. Per essere grati bisogna accorgersi che un evento positivo è capitato nella nostra vita (è impossibile essere riconoscenti per qualcosa che non abbiamo nemmeno notato). Occorre rendersi conto che quell’evento è stato provocato intenzionalmente da qualcuno.
Le persone inclini alla gratitudine si distinguono per un maggiore senso di vicinanza agli altri e ciò le aiuta a costruire solide reti sociali, che sono fattore essenziale per il benessere individuale. Inoltre sono più vitali, ottimiste, empatiche e sperimentano più spesso emozioni come gioia, meraviglia e così via. La gratitudine quindi fa bene a chi la prova perché con quel gesto si sente visto e amato dall’altro, e a chi la riceve perché è riconosciuto.

Chiara Baratelli, psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali. baratellichiara@gmail.com

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Chiara Baratelli

È psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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