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Costruzione e decostruzione della casa del popolo “Rinascita” di San Vito di Spilamberto (Modena), attraverso corpo e voce di Elsa Bossi e Giulio Costa, ovvero: il riciclaggio umano e morale delle casa del popolo, dalle origini ai giorni nostri. Lo spettacolo “Immobili”, scritto da Giulio Costa, ultima replica sabato 21 febbraio (ore 21) al Teatro Off di Ferrara, racconta in due punti di vista a volte dissonanti, a volte in perfetta sintonia, ma esposti attraverso il contrasto di genere, un pezzo di Novecento italiano attraverso una istituzione fondamentale per chi l’Italia l’ha fatta. Gli attori raccontano, a fine spettacolo, la passione che ha portato alla nascita della pièce minimale e incisiva, già portata in tournée tre anni fa e riproposta per raccontare ancora una volta la storia di una casa che rischia di essere spazzata via da una nuova distorsione storica e speculativa. In un dibattito ancora aperto e urgente: Rinascita è a oggi di nuovo indifesa, a rischio chiusura, grazie all’ennesimo intervento residenziale.

casa-del-popolo-immobiliSul palco, all’inizio dello spettacolo, c’è una timida e innocua scatola di cartone. Il prete a mo’ di don Camillo preoccupato della nascita di una casa del popolo sfoga in un concitato e caldo dialetto modenese le sue preoccupazioni con la perpetua sul confessionale, timoroso che il bracciante voglia mangiarsi non solo gatti ma anche il parroco. Si trasforma poi nel sindacalista visto come un demonio dal prete di pochi minuti prima, mentre lei a estrarre numeri, e lui sul pulpito a parlare della nascita della cooperativa di lavoro consumo, il cui compito sia quello di regolare i prezzi, dare solidarietà al lavoratore e resistere al padrone. Quel padrone osteggiato da una donna fiera e progressista, erede di suffragette e sostenitrice del diritto di sciopero, che avrebbe voluto studiare e che invece è piegata sotto al bastone del padrone. Lei, la sorella, reclama il diritto alla cooperativa per essere tutelata e il dovere del lavoratore di fare sacrifici per ottenere diritti e una paga adeguata; lui, il fratello, difende il padrone nel quale vede il diritto alla propria continuità di esistenza, di fronte al quale obbedire e piegare la testa.

casa-del-popolo-immobiliCi prova un altro lui, a farle piegare la testa: arriva il 19 luglio 1921, i diritti operai sono aboliti. I fascisti bruciano le case di associazione, tra queste anche Rinascita. Lui srotola le calze lungo il polpaccio, camicia nera e piglio arrogante e ‘super partes’ interroga lei, una insegnante che tenta di difendersi verbalmente dalle sue violenze fisiche e verbali, che la accusa di non essere all’altezza della patria. Poi lei è una staffetta impegnata in gruppi di difesa della donna, che tiene testa a un lui partigiano e risolutorio. Passano i mesi, ad alta voce: novembre, poi febbraio, poi marzo. Giornali, vestiti, lettere, e arriva il settembre 1943. Rinascita viene faticosamente ricostruita dopo la Liberazione, sull’altalena del contrasto tra comunisti e democrazia cristiana. Con fatica, con amore, meticolosamente, prima; poi non più.

casa-del-popolo-immobiliAlla fine dello spettacolo la scatola di cartone si è moltiplicata, ingrossata come un tumore, è diventata un casino di cemento spartito tra gli ex compagni, sbrigativi e annoiati, ben ripuliti, che pensano di essere andati oltre i giochi dei comuni mortali. La casa del popolo è sfasciata senza dibattito, una ragazzina molestata dal gruppetto di amici del cuore che è diventata tutto a un tratto il “branco”. Di rosso è rimasto il colore della polo, indumento di scena, su cui ammicca un coccodrilletto: ha vinto lui. Le sane gazzarre tra Don Camillo e l’onorevole Peppone sono spente per sempre nei vecchi televisori stipati nelle soffitte. Roba da rigattieri, ormai.

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Foto di Daniele Mantovani

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Giorgia Pizzirani


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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