Skip to main content

di Francesca Tamascelli

Un esperimento di partecipazione collettiva avrà luogo domani a Ferrara. Il salone di Wunderkammer, gli ex magazzini generali di via Darsena, sarà infatti punto di ritrovo di cittadini curiosi di capire cosa sia questo nuovo progetto promosso dal Comune di Ferrara: il Future Lab dal titolo “Quali facce ha la precarietà?” [vedi il video].

precarietà-futuro-utopia
La locandina del FutureLab

Non è semplice spiegare cosa sia un Future Lab e c’è il rischio di confonderlo con quello che non è: una conferenza, una lezione frontale, un brainstorming. Per cominciare, Future Lab non è il titolo di un evento, ma il nome di una metodologia. Fu il tedesco Robert Jungk a ideare questo strumento partecipativo, attualmente molto utilizzato nei Paesi del nord Europa per la pianificazione ed il miglioramento dei servizi al cittadino. E’ una metodologia basata sulla cittadinanza attiva, attraverso cui è possibile fare emergere “dal basso” esigenze e aspirazioni dei cittadini nonché ipotesi di cambiamento.
Future lab è dunque la forma, il contenitore. Il contenuto invece è variabile, a seconda dell’aspetto sociale che si vuole indagare. In questo caso, la precarietà: non solo quella lavorativa, bensì la precarietà a 360°, che sempre più e sempre più spesso arriva a coinvolgere tutti gli ambiti del vivere quotidiano e ad intaccare la possibilità di progettualità future. Una precarietà che oramai sembra essere descrittiva della dimensione esistenziale contemporanea.
Capiamo meglio, però, come funziona un Future Lab. I passaggi sono prestabiliti e consistono in tre tappe fondamentali: la distopia, l’utopia e il progetto. La distopia, con scopi di catarsi e di chiarificazione, serve a focalizzarsi su ciò che non funziona del presente. Per farlo, porta alle estreme conseguenze i tratti negativi che caratterizzano la sfera dell’argomento in questione. Ai presenti verrà chiesto: dove andremo a finire, se continueremo così? Le risposte saranno raccolte mediante brainstorming di parola, in plenaria.

precarietà-futuro-utopia
FutureLab, una faccia del totem

L’utopia è il secondo passaggio e serve a sviluppare una visione positiva del futuro, sufficientemente lontana da poter essere, appunto, utopica: in che mondo vorremmo vivere tra 200 anni? Come dovrebbe essere la società, in relazione al nostro tema di discussione? Questo, forse, il passaggio più complesso, non tanto per la difficoltà intrinseca del pensiero utopico, quanto per la grande diffidenza che abbiamo sviluppato verso l’utopia. Si pensa forse che l’utopia, radicata nel terreno dell’ideologia e del pensiero teorico, sia appannaggio di quei pensatori che hanno scritto libri mirabili ma non sono stati veramente in grado di incidere sulla realtà, isolati in esercizi mentali poco concretizzabili. In un momento di grave crisi, di tangibile tensione sociale, con atmosfere nebbiose e pesanti da tagliare con il coltello, chiedere alle persone di liberare energia utopica è rischioso: la proposta potrebbe essere accolta con diffidenza, chiusura, se non addirittura intolleranza. “Basta parole! A cosa servono? Cosa cambiano? Parliamo parliamo parliamo, poi torniamo a casa e tutto resta come prima”. Pensiero comprensibile, ma non per forza corretto. Rilegittimare l’utopia è importante, non (solo) perché l’uomo è di tendenza un pensatore, ma perché i progetti più concreti hanno bisogno di visioni, e non sono realizzabili se prima non abbiamo individuato un orizzonte, una meta da raggiungere. Utopia. U-topos, “nessun luogo”. L’utopia non è un luogo da raggiungere, è un orizzonte da inseguire per raddrizzare il percorso. Non è una destinazione, bensì una direzione.
Parole parole parole. Non siamo ancora convinti. E allora passiamo alla terza fase: ipotesi di progetti. I partecipanti, i cittadini, si attiveranno in gruppi di lavoro che, seguendo l’indicazione dell’utopia prescelta, si impegneranno a tratteggiare la strada “da qui a lì”: quali passi possiamo fare per incamminarci nella direzione dell’orizzonte desiderato? Le proposte concrete (progetti, servizi e quant’altro possa essere implementato a livello di comunità) verranno poi sottoposti all’attenzione dell’amministrazione comunale, presente nella persona di Chiara Sapigni, assessore alla Salute e Servizi alla Persona.
La giornata di Future Lab sarà condotta da Vincenza Pellegrino, sociologa dell’Università di Parma, e supportata da formatori che guideranno i gruppi di lavoro. Per stimolare il pensiero divergente necessario a ragionare in termini di distopia/utopia, è stato richiesto il contributo di Teatro Nucleo, per “incursioni teatrali” utili a stimolare idee e partecipazione.
Davvero l’amministrazione ha intenzione di ascoltare le proposte dei cittadini, oppure si tratta solo di un “contentino”? La domanda sorge spontanea, disabituati come siamo a contare qualcosa nelle decisioni pubbliche. Forse vale la pena di lasciare momentaneamente da parte interrogativi disillusi e provare a investire energia sulle proprie possibilità di partecipare in modo propositivo al dialogo e a progettualità condivise.

Se lo scetticismo permane, probabilmente l’unico rimedio è partecipare, correndo il rischio di provare il piacevole stupore di doversi ricredere.

Per informazioni, è possibile visitare la pagina facebook [vedi] oppure inviare una mail a
t.gradi@comune.fe.it. L’evento, a partecipazione libera e gratuita, è promosso da Comune di Ferrara in collaborazione con Regione Emilia Romagna, Provincia di Ferrara, Agenzia sanitaria e sociale regionale, Ausl Ferrara, Community Lab, Teatro Nucleo.

tag:

Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it