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Da Paolo Giardini

Non ci sono i coccodrilli in Italia, salvo quelli fossili risalenti al Terziario. Si racconta di coccodrilli che ai tempi del PCI volavano, ma è certo che oggi siamo privi di quegli emozionanti rettili sempre vogliosi di partecipare al gioco del gatto col topo quando a pelo d’acqua si avvicinano ai bagnanti. Per poi tornare in posti tranquilli, dediti alla digestione e a versare le famose lacrime di coccodrillo.
Per supplire alla mancanza di intense commozioni procurate dalle vivaci bestiacce, i giornalisti confezionano di soppiatto, con largo anticipo, lunghi articoli commemorativi riguardanti noti personaggi vivi e vegeti. Riempiono i loro archivi di auliche necrologie, tenendole puntigliosamente aggiornate. Così, nei casi di improvvisi decessi reagiscono altrettanto improvvisamente sfornando per la pubblica desolazione un’immediata profusione di monografie. Tali scritti premonitori sono felicemente chiamati “coccodrilli”.
Come in tutte le specializzazioni anche qui occorre professionalità e sangue freddo (come quello dei veri coccodrilli, appunto) perché precisione e tempestività sono molto importanti: pubblicando un coccodrillo subito dopo la morte di un personaggio noto va tutto bene, pubblicandolo solo un giorno prima si ottiene l’automatica trasformazione del cordoglio in sghignazzata collettiva. Figuriamoci se sbagliano anche il soggetto! Perciò stiano attenti i politicanti che siedono a Palazzo, abituati ad apprendere solo dai giornali quello che hanno combinato nei giorni precedenti e comportandosi da spot pubblicitari per il giorno dopo. Per condizionamento culturale del loro ambiente non possono capire che i coccodrilli, insieme a tutti gli altri lavori specializzati, sono lungamente preparati. E quando per emulazione li improvvisano sono guai certi.
“Dove abbiamo sbagliato?” è l’incipit del coccodrillo online riguardo all’ennesimo episodio di criminalità all’acquedotto, pronunciato da uno fra i più imbranati in Comune (non aveva mai sentito parlare di mafia nigeriana). Facendo sganasciare di risate amare una città consapevole che migliaia di articoli riportanti i fatti delittuosi sulle nostre strade vanno sommati, non intesi come quotidiani aggiornamenti di una breve lista fissa. E consapevole anche che c’è gente d’importazione a cui nessuno al mondo insegnerà mai cosa vuol dire esattamente la parola “accoglienza”. Perché chi si sente tenuto a praticarla formalmente (per dovere di legge, amore della poltrona o altro), non sa assolutamente cosa significhi ma la spaccia ugualmente a modo suo ai nuovi arrivati. Imponendo così i costi sociali derivanti da un’esagerata quantità d’insipienza alla collettività.
Dove abbiamo sbagliato? Ma in questa domanda è sbagliato anche l’avverbio! Quello giusto per avere una risposta univoca non è il “dove” ma il “quando” . Perché i nostri guai hanno origine “quando” certa gente decide di entrare in politica invece di guadagnarsi da vivere lavorando.

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Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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