Skip to main content

2. SEGUE – Partigiani oggi: quali ideali sostenere e a cosa opporre resistenza. La sollecitazione di ferraraitalia sta inducendo tanti a intervenire. Anche Massimo Gramellini (vicedirettore della Stampa che non necessita certo di presentazioni) si è reso disponibile e ha risposto all’interrogativo. Sposta l’attenzione dal piano politico a quello morale e afferma con eloquente semplicità: “Il valore da difendere è l’entusiasmo. I nemici dell’entusiasmo sono il cinismo e le false promesse”.

Paolo Ferrandi, giornalista della Gazzetta di Parma e docente all’Università della città ducale, rivela di essere “sempre un po’ a disagio a indicare ‘imprescindibili capisaldi’ o ‘bussole dell’agire. Il fatto è che spesso nella vita si naviga a vista. Però della triade classica – liberté , egalité, fraternité – sono particolarmente affezionato all’uguaglianza. Un po’ perché l’utopia dell’uguaglianza sostanziale è passata di moda con il crollo dei paesi comunisti (e anche lì c’erano quelli più “uguali degli altri”); un po’ perché anche l’ideale regolativo dell’uguaglianza delle opportunità ormai è dimenticato anche dai partiti (e movimenti) di sinistra in nome dell’efficienza definita in termini economici. E poi la capacità di dire di no e di stare caparbiamente in minoranza, quando si pensa che sia giusto. Anche rischiando. Ma quello penso sia implicito nel concetto stesso di resistenza”.

“In questo momento il valore che credo debba essere difeso con maggior forza – sostiene Daniele Civolani, presidente dell’Anpi di Ferrara – è quello del lavoro, poiché il numero impressionante di persone che vengono private di questo diritto fa sì che si vada ad aprire una ferita grave nella dignità del nostro intero Paese”. E introduce una nota personale: “Se essere partigiano vuol dire essere apertamente e onestamente di parte e se ormai anche quelli che erano la mia parte sono andati da un’altra parte, che partigiano posso essere? Di me stesso? Di un ideale forse? Di pochi amici tutti ormai coi capelli grigi che non sanno rinunciare ai principi che li hanno sorretti una vita intera? Dico la verità, io mi sento partigiano, ma non mi sento più di combattere: mi piacerebbe tornare in piazza a protestare e vedere intorno a me centinaia di migliaia di persone affermare i propri diritti e la propria dignità, mi piacerebbe sentirmi parte di un grande e potente movimento popolare a difesa di tutti i diritti proclamati dalla Costituzione, a difesa dei deboli, degli ultimi, comunque e dovunque”.

Cinzia Carantoni, giovane laureata in filosofia all’Università di Ferrara, segnala “il valore della giustizia, il diritto: un tema che al di fuori della società non ha alcun senso, per dirla con Hobbes, perché in natura il diritto è potenza, ovvero vince sempre il più forte”. Quindi l’affermazione dell’umanità attraverso l’affrancamento dalla condizione di ferinità e l’accogliemento dei compromessi necessitati dalla socialità. Mentre il rischio segnalato è quello derivante dalla presente “epoca del transpolitico, che ci porta ad essere una società di spettatori passivi di quel meccanismo di rappresentanza che, invece, avevamo scelto come specchio di noi stessi. Con un totale sbilanciamento verso la forma più estrema di rappresentanza, siamo diventati osservatori attoniti, incollati allo schermo televisivo per subire una politica che va avanti senza di noi, una politica senza soggetto né contenuti”.

“Essere ‘partigiani’ ha per me il significato forte di portare avanti questioni di principio e valori come l’onestà, la serietà e la chiarezza nelle relazioni e nella professione – afferma Daniela Gambi, insegnante -. Da ‘partigiana’, ritengo sempre più vitale accrescere la mia capacità di ascolto e di condivisione e combattere l’ipocrisia, la furbizia, la malafede e l’arroganza”.

Francesco Ragusa, neolaureato, la pensa così: “Partigiano, oggi, è colui che non si lascia trascinare da un Paese in avaria e che non si adagia sullo stato delle cose. Ma quelle cose vuol cambiarle veramente. La Resistenza, ora come allora, significa non arrendersi. Non rassegnarsi, crederci ancora e non smettere di farlo. Il nemico non è più quello di un tempo, ma l’obiettivo finale rimane ancora una volta riprendere in mano le sorti dell’Italia. Per renderla più “normale”, pure un po’ più civile. Il partigiano nel 2014, ad esempio, lotta affinché il Paese continui a preservare e salvare i migranti, dal mare e dai fazzoletti verdi (che almeno, un tempo, detenevano l’esclusiva di un certo tipo di idee). Partigiano è il cittadino No-Muos così come il No-Tav, quello che non si arrende all’invasione del mostro elettromagnetico americano o dell’alta velocità nella valle. La Resistenza è anche la piccola o grande azione quotidiana in favore della legalità, per evitare che corruzione, malaffare, evasione fiscale o altri fantasmi possano fare ancora un altro passo in avanti in Italia. Agire da partigiano è mille altre cose, ma essenzialmente è alzarsi la mattina e pensare che di combattere quella sacrosanta battaglia, ancora un altro giorno, per rendere migliore il Paese, ne vale la pena. Nonostante tutto”.

2. CONTINUA

[Si possono leggere tutti gli interventi integrali cliccando sui nomi degli autori riportati in grassetto nel testo]

Leggi la prima puntata dell’inchiesta

Leggi la terza puntata dell’inchiesta

tag:

Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

I commenti sono chiusi.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it