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di Mario Sunseri

Trattando di rifiuti si deve tenere ben presente la prospettiva da cui si fanno le osservazioni ed esprimono i giudizi; ciò che succede in Africa è profondamente diverso da quanto succede in Italia e nelle nazioni industrializzate. Nel mondo si producono circa 4 miliardi di tonnellate annue di rifiuti, di cui circa la metà rifiuti domestici, l’industria dei rifiuti ha un fatturato di 420 miliardi di dollari (circa 300 miliardi di euro) e occupa 20 milioni di lavoratori: un impresa colossale. Altri 20 milioni di persone lavorano non ufficialmente nel raccogliere, separare manualmente, riciclare. Solo il 18% è riciclato, un 12% incenerito. Il resto finisce in discariche o in mucchi all’aria aperta. Ma le statistiche globali non restituiscono la realtà nella sua complessità: scomponiamo quindi l’analisi in tre gruppi di nazioni.
In un primo gruppo: la metà della popolazione mondiale non ha accesso al servizio di raccolta rifiuti; il 70% è gettato in discariche spesso non gestite; milioni dei più poveri vivono sopra o attorno a questi siti, recuperando piccole quantità di materiali da rivendere per riciclaggio. In Asia, Africa, America Latina, le città crescono rapidamente, le popolazioni urbane si arricchiscono, consumano di più e gettano più rifiuti, e le autorità locali non riescono a tenere il passo con la domanda di servizi locali, acqua, fognature, servizi sanitari, rifiuti e fornitura di energia. Nel mondo ogni settimana due milioni di persone si spostano in città. Si prevede che Lagos, 12 milioni di abitanti, raggiungerà nel 2100 gli 88 milioni. Questo stato di cose richiede di affrontare numerose emergenze, prima di tutte la salute. I rifiuti non trattati, formati per il 60% da materiale organico, includono carcasse di animali, rifiuti ospedalieri, industriali e pericolosi, trasmettono la malaria (le zanzare vi si riproducono), colera, tifo, malattie respiratorie, infezioni da contatto. Spesso ci si dimentica di un altro grave rischio: l’80% delle emissioni di diossina nelle nazioni in via di sviluppo viene dal bruciare i rifiuti all’aria aperta. C’è poi da ridurre l’impatto sui cambiamenti climatici: le discariche, in maggior grado quelle non gestite, sono a scala globale la terza sorgente di emissioni antropogeniche di metano. Il deposito di particelle carboniose incombuste, emesse dagli incendi in discarica, contribuisce a circa il 30% dello scioglimento dei ghiacci. Investimenti ingenti sono necessari in queste Nazioni per realizzare e mettere in opera i sistemi di raccolta e gli impianti di trattamento basilari; la Banca Mondiale stima che solo per attivare i sistemi di raccolta siano necessari 40 miliardi di dollari, mentre nel 2015, quando il volume dei rifiuti raddoppierà questa cifra raggiungerà 120 miliardi di dollari. Poi vi è il gruppo di nazioni, quali Brasile, Turchia, Europa dell’Est, il nord Africa, Sudafrica, in cui alcuni investimenti sono stati fatti, il 60-80% dei rifiuti è trattato e impianti di riciclaggio, discarica e trattamento sono operanti. Hanno le risorse per creare moderni sistemi di gestione rifiuti ma spesso non vi sono ancora le condizioni politiche per attuare le normative, far adottare sistemi di responsabilità del produttore, tassazioni, incentivi e promuovere il riciclaggio. Queste nazioni sono di fronte ad una curva di spesa in rapida crescita: un cittadino Serbo spende per i propri rifiuti circa 30 euro annui, cifra che salirà a 100 euro annui nel prossimo decennio, quando molte nazioni correranno per mettersi in pari con le normative europee. E’ in queste nazioni, con un sistema legislativo e fiscale in regola, che si aprono interessanti opportunità d’investimento a lungo termine. Mentre nelle nazioni povere – un cittadino di Giacarta spende 6 euro annui per la bolletta dei rifiuti – l’unico modo per recuperare gli investimenti è attraverso finanziamenti dai programmi di aiuto internazionale, perché le tasse locali o il valore dei materiali riciclati non potranno garantire un ritorno.

1 – CONTINUA

Sintesi dell’articolo pubblicato nel magazine Equilibri 79 (rivista pubblicata dal COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati)  “Gestione dei rifiuti urbani e pericolosi: il Pianeta è divisa in tre mondi diversi” scritto da David Newman, il Presidente dell’Associazione ATIA ISWA Italia, Mario Sunseri, membro del Consiglio Direttivo e direttore di www.rifiutilab.it e Simonetta Tunesi, membro del Comitato Tecnico.

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Redazione di Periscopio

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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