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Majalik, un superfumetto per Ferrara, logo potenzialmente perfetto!
Io e l’amico Alessandro Bersanetti ci proviamo un’ennesima volta a proporre qualche cosa d’innovativo in questa città che fatica sempre di più ad assimilare le novità – afferma l’eclettico Dino Marsan, illustratore e fotografo -. Ora stiamo lavorando assiduamente a questo progetto che ha per nome “Maialik”. Nato dalla tipica espressione ferrarese “maial!”, questo nostro personaggio, è una sorta di supereroe targato Ferrara, anche se la sua origine è universale. Maialik è ispirato anche al mitico re del furto che tutti conosciamo, Diabolik. Al contrario del leggendario personaggio a fumetti delle sorelle Giussani, la nostra creatura (dal corpo umano e il volto del suino) non ruba o uccide ma ha il compito di salvaguardare i tesori storico-culturali e le tradizioni del nostro territorio. A tutti coloro che, in qualche modo cercheranno d’impadronirsi di tali tesori di sapienza, Maialik si opporrà con tutte le sue forze e i suoi poteri. Questa creatura di provenienza ancora ignota, si è costruito un habitat nel sottosuolo della città ed esce solamente di notte per non farsi notare ed agire indisturbato. Al contrario di Diabolik, Maialik non usa maschere perché ha la prerogativa di metamorfizzarsi e trasformarsi in ciò che vuole. Durante il giorno prende le sembianze di un giovane giornalista che si chiama “Carlastolfo Bonzagni” e lavora per una scalcinata tv locale dal nome buffo ispirato sempre al linguaggio dialettale “TeleSbragonza”. In lavorazione la prima avventura che ha per titolo “La salama che uccide”. L’impegno è veramente imponente perché si è deciso di realizzare un fumetto con personaggi tridimensionali che si muoveranno in contesti reali fotografati da noi. I ferraresi vedranno quindi immortalati diversi scorci caratteristici della città dentro i quali agiranno i vari personaggi che abbiamo creato.

Il fumetto come arte nobile della modernità, pare una ovvietà dopo ormai un secolo, da Superman a Walt Disney, gli eroi Marvel e imbarazzo quasi della memoria. Ma è davvero così?
Proprio perché possiamo considerarlo come una forma d’arte, il fumetto ha una sua identità ben precisa nell’immaginario colletivo e, quindi, ritengo sia immortale come molti dei suoi eroi. Ovviamente il posto principale è stato preso dall’immagine in movimento, che più facilmente cattura l’attenzione di bambini e adulti anche grazie all’avvento di portatili apparati elettronici che ne rendono più facile la visione. Ma il fumetto mantiene nel tempo un suo fascino che lo rende sempre desiderabile. A volte basta solo pazientare un po’ ma, alla fine, il desiderio di un ritorno alle origini, spinge il pubblico a cercare nuovamente il linguaggio più semplice e meno stressante. Un esempio lampante è la riscoperta del vinile nel campo musicale o la spasmodica ricerca di oggetti del passato nei mille mercatini dell’usato. Molti appassionati sono disposti a spendere cifre assurde pur d’accaparrarsi una automobilina di latta o un soldatino di piombo. Gli eseri umani sono lunatici.

Tornando a Maialik, sarà uno specchio divertentissimo ma anche perturbante sulla ferraresità, nel bene e nel male?
Noi speriamo di riuscire a dare un tono divertente alle varie avventure, prendendo spunti dalla realtà locale. Però il fine ultimo è quello di utilizzare una forma di lettura leggera come il fumetto, per trasmettere comunque messaggi atti a valorizzare o riscoprire le cose buone della nostra tradizione e della nostra storia.

Domanda libera
Come sempre, sarebbe veramente gradita una maggior attenzione da parte delle istituzione e della stampa perch il progetto possa avere un’eco maggiore. Ci farebbe piacere avere una gratificazione morale piuttosto che economica. Se poi, qualche potenziale sponsor, si facesse avanti perché crede in questo progetto, sarebbe un ulteriore motivo per dare il meglio di noi stessi. Intanto seguiteci sulla pagina Facebook “Maialik” così assisterete a tutto l’evolversi del lavoro [vedi].

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Roby Guerra


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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