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Bookcrossing, una pratica in voga, che difficilmente però si associa a un bar. Fa eccezione il Bar91 di via San Romano. Qui lo scambio di libri è un’abitudine: fra un caffè e uno spritz chiunque può entrare e lasciare un libro, in una piccola libreria pronta ad accoglierli, fra le bottiglie e i sandwich che stanno dietro il bancone del locale. Clemente Gandini ne è il proprietario.

Come e quando ti sei avvicinato al bookcrossing?
L’ispirazione nasce da un piccolo locale a Ghiare di Berceto, in Val di Taro. Era pittoresco: nella saletta di una piccola stazione ferroviaria c’era questa libreria aperta e completamente libera, in cui chi passava poteva prendere un libro e lasciarne un altro. L’idea mi colpì anche visivamente, oltre a darmi lo spunto di poterlo fare, in un futuro non lontano. E così è stato.

Quali iniziative avete adottato per coinvolgere le persone e farvi conoscere?
Un paio di settimane fa abbiamo fatto questo esperimento: da mezzogiorno a mezzanotte, per ogni libro che ci veniva portato in dono da aggiungere alla nostra libreria, noi offrivamo un caffè. Abbiamo intitolato questo appuntamento “Un caffè per un libro”. Per l’occasione avevamo ideato e distribuito segnalibri disegnati da Marco Jannotta, artista ferrarese e amico. L’iniziativa ha avuto successo e abbiamo in programma di ripetere questa esperienza, magari periodicamente, battezzando un determinato giorno della settimana una volta al mese.

C’è una prevalenza di genere, tra i libri che vengono portati?
C’è grande eterogeneità di testi, tra narrativa e saggistica, e libri per tutti i gusti: da Lolita di Nabokov (in una fantastica prima edizione, ndr) a Storia degli Stati Uniti di Allan Nevins e Henry Commager, da Niente di vero tranne gli occhi di Giorgio Faletti a Cronache italiane di Stendhal, passando per la popolare trilogia Cinquanta sfumature di Ellroy. Poi Buchi neri e universi neonati di Stephen Hawking, Pagine gialle di Forattini, W l’organizzazione di Townsend. C’è persino un libro in russo (Le profezie di Nostradamus) e qualche testo sulle fate in inglese. E l’elenco è molto vasto, siamo a quota 90 libri circa. Questa ricchezza rispecchia anche la grande varietà e mescolanza umana delle persone che entrano: studenti universitari, clienti del bar, giovani e meno giovani, appassionati e curiosi.

C’è qualcosa che accomuna le persone che entrano qui attirate dall’iniziativa?
Alla base esiste un profondo senso del dono. Non c’è ritorno economico di nessun tipo; nessuno dei libri che vedi è stato acquistato né sarà venduto. Sono tutti regalati, arrivati, piovuti; e non abbiamo notato mai leggerezza o superficialità in chiunque si avvicina all’iniziativa, né, viceversa, eccessivo attaccamento all’oggetto che potrebbe caratterizzare un bibliofilo. A volte qualcuno entra e chiede quasi con timidezza “Posso lasciare un libro?”, come a chiedere se qualunque opera sia bene accetta. E lo è, naturalmente. É il senso di condivisione alla base del tutto, e naturalmente grande passione per la lettura, la letteratura e i libri in generale. Nella prospettiva di un ingrandimento della libreria, abbiamo intenzione di applicare anche un timbro per identificare un libro che passa per i vari luoghi che ha toccato nel proprio viaggio, in modo simile al codice unico con cui vengono identificati volumi appartenenti a uno stesso circuito tipico del concetto di bookcrossing, come se si potesse tracciare la rotta seguita dal libro nel suo viaggio.

Non vi occupate solo di letteratura ma anche di arte. Da dove arrivano i bellissimi quadri?
Nel corso di questa edizione di Internazionale a Ferrara, in collaborazione con Zamenhof Art e Ferrara Art Festival esponendo opere di Fiorenzo Bordin, Mario d’Amico, Ivo Stazio e Marica Zorkic, dal titolo “Istantanee di una città immaginata”, i cui quadri sono ancora esposti nel nostro locale. Per Racket Festival, serie di mostre al Palazzo della Racchetta durante tutto il mese di settembre e la prima settimana di ottobre, abbiamo curato il servizio bar.

Accompagnati dalle note di Fabrizio de André la sciamo questo singolare bar: la musica d’autore ne conferma la vocazione culturale e alternativa.

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Giorgia Pizzirani


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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