Skip to main content

di Giuseppe Fornaro

Qualcuno si è chiesto perché tanta tiepidezza, anche a sinistra, sul conflitto in corso
nella striscia di Gaza. Perché non c’è uno schieramento unanime, o per lo meno prese
di posizione nette a favore dei palestinesi. A mio parere le ragioni sono molteplici.
Intanto, l’offensiva militare sferrata da un’organizzazione politica che si ispira a
principi del fondamentalismo islamico, non incontra simpatie nel mondo occidentale.
Per quanto, va detto subito, Israele sia nata da un altro fondamentalismo religioso, il
sionismo, come ritorno alla terra promessa, la terra dei padri. Qui però siamo di fronte
a generazioni che con il sionismo c’entrano poco. I militari israeliani sono in gran parte
giovani nati in Israele che combattono per difendere la loro patria e che forse del
sionismo gli interessa fino ad un certo punto perché quella per loro, prima che essere
la terra promessa, è semplicemente casa. Una cosa semplice e familiare a ciascuno di
noi.
Dall’altro lato, Hamas attacca Israele solo marginalmente per rivendicare il diritto ad
una patria per i palestinesi, ma soprattutto perché la questione palestinese in tutto il
Medioriente è un tema su cui si gioca la leadership di organizzazioni islamiche come
Hamas appunto. Per dirla fuori dai denti, ad Hamas dei palestinesi interessa fino ad un
certo punto. Il perpetuarsi della questione palestinese fa comodo agli opposti
estremismi, tanto alla destra israeliana, quanto alle organizzazioni di ispirazione
islamica dopo che l’Olp è implosa a seguito di scandali di corruzione e dopo la morte
procurata del leader simbolo della lotta palestinese che è stato Arafat.
Arafat e l’Olp, negli anni Ottanta riuscirono a catalizzare l’attenzione di tutto il mondo
e a generare un ampio consenso trasversale intorno alla causa palestinese. L’Intifada,
qualcuno forse ancora se la ricorda, fu una grande lotta di popolo. Ho ancora negli
occhi i bambini palestinesi che armati di sole fionde sfidavano uno degli eserciti più
potenti del mondo. Furono quelle immagini, e non i quarti di corpi martoriati di
bambini diffuse da Hamas, a far crescere il consenso intorno ai palestinesi. Fu quella
lotta di popolo, estesa, corale a suscitare le simpatie di tutto il mondo e di tutti gli
schieramenti politici. Fu resistenza vera. Fu l’Intifada a riempire di manifestazioni le
piazze d’Italia. La kefia era diventata il simbolo che molti di noi indossavano come
segno di solidarietà, non ad un’organizzazione politica, ma ad un popolo. Gli studenti
universitari palestinesi, nostro compagni di studi, ci vendevano il famoso foulard, che
Arafat aveva fatto diventare un simbolo, come forma di autofinanziamento della
causa. Molti di noi, ben volentieri, corrispondevano a questa forma di solidarietà.
Hamas ha commesso l’errore di sfidare Israele sul piano militare, ponendosi di
conseguenza come controparte armata, non avendo i mezzi, le strutture logistiche, la
tecnologia e tutto quanto occorre per fare un esercito impegnato in un conflitto. I suoi
non sono stati atti di terrorismi classicamente intesi, ma un vero e proprio atto di
guerra. Su quel terreno non può che perdere il confronto e a rimetterci, come si vede,
è la popolazione civile. Ma soprattutto Hamas non ha il consenso di larga parte della
popolazione palestinese. I missili rudimentali dal punto di vista tecnologico, ma molto
pericolosi, lanciati in territorio israeliano non servono tanto per intimorire Israele, ma
servono come politica interna nella lotta per la leadership palestinese, per dimostrare
che si fa sul serio. Tant’è che mentre il presidente dell’autorità palestinese tenta un dialogo con i vertici di Israele, e dunque sono in corso contatti diplomatici, Hamas
lancia i missili che sembrano più essere diretti contro l’autorità palestinese stessa che
contro Israele. Altrimenti non si spiega come mai il conflitto scoppi proprio in questo
momento e contemporaneamente la Libia è in fiamme interessata da un altro conflitto
interno anche lì di ispirazione islamica. L’Ansa di venerdì 1 agosto riferisce che “I
jihadisti libici di Ansar al Sharia annunciano di aver preso il controllo “completo di
Bengasi” e di aver proclamato “un emirato islamico”. L’annuncio è arrivato da un
responsabile del gruppo, citato da al Arabiya”. Lo stesso dicasi per Iran e Siria.
Insomma, un’offensiva in grande stile sferrata da organizzazioni di ispirazione islamica
e integralista su uno scenario Mediorientale ampio. Dove si voglia andare a parare non
sta a me dirlo. Alcuni osservatori parlano di un disegno islamico su ampia scala. O
forse anche questa è una cortina fumogena e questi movimenti e queste guerre sono
alimentate proprio da coloro che della sopravvivenza degli opposti estremismi ha fatto
un business.
Se così è, occorre uno sforzo di analisi politica seria, che vada oltre le emozioni
suscitate da immagini cruente diffuse ad arte per provocare l’emozione di un
momento in noi occidentali consumatori di sensazioni forti. Occorre una politica estera
dell’Italia e dell’Europa che si occupi specificamente del Medioriente. Occorre forza e
autorevolezza per occuparsene ed essere ascoltati. Forse occorre semplicemente una
politica tout court.

tag:

Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it