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Alleluia. La Bce ha praticamente azzerato i tassi di riferimento portandoli allo 0,05%, ha alzato i tassi negativi sui depositi bancari da 0,1 a 0,2% e il board dei governatori delle banche Ue ha cominciato a discutere del quantitative easing, cioè del volume di denaro da riversare nell’economia reale, a famiglie e imprese, che si concretizzerà nei prossimi mesi. I mercati hanno esultato, lo spread Btp decennali – Bund tedeschi è finito a 138 punti base, mai così basso.
Anche se la decisione è stata giudicata “inaspettata” e “sorprendente” da diversi media finanziari internazionali, sorprendente non è affatto. Da diverse settimane il presidente della Bce Mario Draghi aveva lasciato capire che servivano misure stimolatrici dell’economia e per frenare la deflazione, favorendo politiche espansive nell’Eurozona. Ed è assai probabile che questa mossa sia stata al centro del meeting economico di Jackson Hole, negli Stati Uniti.

La Bce agisce quindi con una sua coerenza, seguendo l’esempio della Federal Reserve americana e della Banca centrale del Giappone. Ma le politiche monetarie non hanno effetti eterni, non agiscono sulla struttura delle economie. Queste manovre possono correggere i cicli economici per un breve periodo, ma se poi le economie non si riprendono, gli stimoli monetari perdono la loro efficacia. E non possono durare per sempre: negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha deciso di diminuire gradualmente il programma di erogazioni di risorse finanziarie al sistema economico (cominciato con 40 miliardi di dollari al mese nel settembre del 2012) per farlo terminare nel prossimo mese di ottobre. Significativamente, il sito internet del Washington Post del 13 luglio scorso commentava che il quantitative easing (Qe) non sarà affatto il quantitative eternity (Qe-ternity).

Il dibattito nell’Eurozona non ha finora chiarito se il rigore deve essere a senso unico, un credo assoluto, oppure no; se le deroghe al patto di stabilità chieste dall’Italia e da altri Paesi saranno approvate o meno e cosa produrranno. Sicuramente la sola Bce non potrà far molto, se non si aggrediscono nodi strutturali. Come farlo? Mario Draghi ha chiarito che l’elasticità è possibile, ma rispettando le regole che l’Eurozona si è data, ed evocando la necessità di riforme precise nei mercati del lavoro e del prodotto, e migliorando l’ambiente economico in cui si muovono le imprese.
Criteri generali, in cui ognuno può muoversi nel bene e nel male. Ma a ben vedere la parola chiave dell’economia è una sola, e vale ormai per tutta l’Eurozona: ricostruzione, su basi nuove e più eque , e rapporti tra gli Stati improntati alla cooperazione, non a logiche di primazia più o meno mascherate. Altrimenti, a che serve l’Europa?

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Franco Stefani

Franco Stefani, giornalista professionista, è nato e vive a Cento. Ha lavorato all’Unità per circa dieci anni, poi ha diretto il mensile “Agricoltura” della Regione Emilia-Romagna per altri 21 anni. Ha scritto e scrive anche poesie, racconti ed è coautore di un paio di saggi storici.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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