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Ma esistono ancora i “socialisti europei”? Man mano che i nodi vengono al pettine l’insipienza e la marginalità di quella che ancora si chiama pomposamente Internazionale Socialista ha del clamoroso. Emigrazione, terrorismo, economia, vedono i vari Renzi, Hollande, Schulze divisi (vedi questione immigrati) o subalterni alla tetragona Merkel e alla finanza internazionale. Si invoca pateticamente “un’altra Europa” dello sviluppo e della crescita ma il panzer tedesco e la famigerata troika hanno a cuore riforme che ancora una volta comprimano salari, pensioni, diritti dei ceti più deboli.
L’Europa che comanda non conosce parole come solidarietà, eguaglianza sociale, protezione dei ceti più deboli. Si programma “una disoccupazione fisiologica”, una crescita – questa sì – di nuove povertà, un indebolimento della democrazia. E’ quello che sta succedendo anche in Italia con il governo Renzi da cui ormai il silente e sofferente popolo della sinistra – ma non solo – ha preso le distanze.
Sono lontani i tempi dei veri socialisti riformatori. I Brandt, gli Olaf Palme, i Bruno Kreiski, i Mitterand avevano dato un senso alto e nobile alla parola socialdemocratico. Fu un periodo felice che vide Berlinguer e il Pci stabilire ampi e proficui rapporti con le idee e programmi che affondavano in un comune terreno di valori ed idealità. Purtroppo quella stagione si chiuse presto e ai creatori della nuova Internazionale socialista succedettero i vari Craxi, Blair, Schroeder (questi ultimi due felicemente accasatisi presso quel capitalismo rampante che dovevano contrastare).
La crisi viene da lontano e i leader (!) degli attuali schieramenti di “sinistra” la stanno accentuando sbiadendo prima e contraddicendo poi ruoli e funzioni che la storia e la politica vorrebbero alternativi ai conservatori lanciati alla rincorsa di un liberismo ottocentesco. Il caso greco è emblematico. Un nuovo gruppo dirigente che non porta nessuna responsabilità dei disastri combinati quasi sempre da governi conservatori politicamente e ideologicamente vicini a ‘frau’ Merkel viene lasciato vergognosamente solo nella speranza che l’accentuazione della crisi di quel paese lo travolga. Un obiettivo politico che va bene a tutta la consorteria politica europea che vede come il fumo negli occhi il nascere – e crescere – di movimenti come Syriza, Podemos, 5 Stelle, e perché no? qualcosa di nuovo anche in Italia che sgombri il campo dall’equivoco Renzi, ridando valore e senso alle parole riforme -che non sono solo quelle volute dalla Confindustria e Marchionne – democrazia, diritti, partecipazione oggi sviliti da leggi su cui la destra italiana ha battuto la testa ma che ora sono fatte proprie da un sedicente uomo della sinistra.
Il popolo greco con la nuova ‘governance’ ha segnato una svolta storica: gli uomini e le donne con i loro bisogni, necessità, propositi vengono prima delle banche, della troika, dello spread eccetera. La politica viene prima della economia. Il voto greco ci trasmette un po’ più di fiducia che rinnovamento – vero – e cambiamento possano trovare anche in chi era sfiduciato perché deluso dalla politica italiana ed europea, nuove ragioni di impegno e di lotta sapendo che gli avversari sono agguerriti e disposti sino in fondo a difendere il loro mondo ed i loro interessi.

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Paolo Mandini


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di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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