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DINO TEBALDI
(decennale della morte)

Redattore della “Gazzetta Padana” e poi del settimanale “Voce di Ferrara”, insegnante elementare, maestro per zingari (dei quali ha studiato la lingua), insegnante di alfabetizzazione alla lingua italiana per detenuti stranieri nelle carceri di Ferrara e redattore di “Arginone”: bimestrale riservato ai detenuti e frequentatori della biblioteca carceraria, Dino Tebaldi (1935-2004) è stato un originale esemplare (così come molte delle sue pubblicazioni) di testimone del “tempo” ferrarese. La caratteristica, quasi la vocazione, sociopopolare dei suoi testi e del suo impegno umano e professionale non può che distinguerlo da coloro che sanno solo, affermava Tebaldi: «sbraitare, inseguire effimeri allori, per poi stringere tra le mani, alla fin fine, un pugno di mosche».
I suoi numerosissimi libri, apparsi talvolta per conto di editori locali e altre volte “tirati” in rare edizioni numerate fuori commercio, spaziano fra la critica e cronaca storico-letteraria e di costume, la narrativa e la didattica. La sua scrittura, pervasa di sottile ironia e di garbo descrittivo, rispecchia quell’entusiasmo conoscitivo e quella serenità interiore di cui solo gli uomini saggi sono depositari. Dino Tebaldi era una sorta di Diogene contemporaneo munito di computer portatile, che utilizzava la sua premeditata “distanza” dal caos quotidiano per osservare meglio la realtà che lo accoglieva e che archetipicamente gli apparteneva.
Una delle sue pubblicazioni fondamentali è il corposo tomo Ferrara. Le strade del silenzio. Lo splendido volume di 320 pagine, con 250 fotografie e 75 piante urbane, è suddiviso in due parti, la prima: Storia urbana, indaga sulla evoluzione urbanistica e architettonica (dalle “radici” passando attraverso le celebri “addizioni” e, scherza l’autore, le deprecabili “sottrazioni”) della città, la seconda: Strade del silenzio, percorre le vie e le piazze raccontandone vicende e atmosfere. Commenta Carlo Bassi in una delle prefazioni: «È la forma irripetibile del loro spazio delimitato da quelle cortine edilizie; è il loro rapportarsi con altre strade mediante incroci disegnati e segnati e dimensionati in modo particolare e rivelatore; è il loro collegarsi con altri spazi viari analoghi a formare sequenze di luoghi; […] è l’odore che essi possiedono e trasmettono, il quale, insieme al colore proprio delle loro parti, dei loro intonachi, dei loro marciapiedi, tende a coinvolgere in modo più sottile e sofisticato aspetti della nostra sensibilità […]; è l’aria che circola in essi e fa bianco l’azzurro del cielo che li copre; è il suono delle voci e dei rumori e dei silenzi che in essi si rincorrono, turbandoci e acquetandoci».
La sterminata produzione di Dino Tebaldi (oltre cinquanta pubblicazioni fra volumi, volumetti e plaquettes) annovera fra i tanti i seguenti titoli: Omaggio a Corrado Govoni (1973), G. Ungaretti. Nel paese delle acque (1976), Ferrara 1920. Una stagione poetica (1980), Il dialetto ferrarese nella scuola elementare (1982), Amori impossibili (1984), Morire a Carlopago (1985), Pronto, ma chi è? (1986), Una didattica per alunni che viaggiano (1989), Ferrara. Le strade del silenzio (1991), Il Palio di Ferrara (1992), La cerchia intorno (1993), Il Cardinale non volle (1996), Dietro le sbarre (1998).

Tratto dal libro di Riccardo Roversi, 50 Letterati Ferraresi, Este Edition, 2013

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Riccardo Roversi

È nato a Ferrara, dove si è laureato in Lettere e vive tuttora. È critico letterario e teatrale per varie testate (anche on-line) e direttore responsabile di alcuni periodici. Ha scritto e pubblicato numerosi libri: poesia, teatro, saggistica. La sua bibliografia completa è consultabile nel sito: www.riccardoroversi.onweb.it.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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