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In questi giorni si è tornato a parlare di un ipotetico “Lucio Battisti fascista” e puntualmente è riesplosa la polemica. Il dilemma ricorre da decenni, irrisolto. E’ un fatto che nei testi delle sue canzoni si ritrovino espressioni quantomeno ambigue, come “boschi di braccia tese” su cui planare (“La collina dei ciliegi”) o “Mare nero, mare nero tu eri chiaro e trasparente come me” (“La canzone del sole”). Ma c’è un brano in particolare che più degli altri si presta all’equivoco (se di equivoco si tratta) o che suona a conferma delle congetture dei ‘maliziosi’: si tratta di “Il mio canto libero”, che ci siamo divertiti a interpretare e commentare strofa per strofa avallando l’idea di un Lucio Battisti nostalgico di Mussolini e della sua ideologia. Ecco, dunque, la nostra ‘rilettura’.

Il mio canto libero (testo analizzato e commentato)

In un mondo che
Non ci vuole più

E’ il mondo nuovo nato dopo il 25 aprile, quello della Liberazione dal nazifascismo, che respinge l’ideologia cara al cantante

Il mio canto libero sei tu

Il faro e il riferimento resta comunque lui: il Duce, Mussolini

E l’immensità
Si apre intorno a noi

Resta un mondo tutto da riconquistare, un orizzonte da ricostruire

Al di là del limite degli occhi tuoi

Mussolini è morto, giustiziato dopo la cattura da parte dei partigiani. Ma il limite temporale della morte non spegne la fiamma dell’ideale, viva nonostante tutto

Nasce il sentimento
Nasce in mezzo al pianto
E s’innalza altissimo e va

Sono momenti di smarrimento e di disperazione, ma anche di orgoglio e di ansia di riscatto

E vola sulle accuse della gente
A tutti i suoi retaggi indifferente
Sorretto da un anelito d’amore
Di vero amore

Dopo la Liberazione, il fascismo è additato come causa dei mali dell’Italia per averla trascinata in guerra e averne determinato la distruzione. E per avere confiscato le libertà individuali, perseguitato i dissidenti (le “accuse della gente”). Ma coloro che hanno servito l’ideale sanno la verità e restano perciò “indifferenti”, forti del sentimento puro (“vero amore”) che li anima

In un mondo che (pietre un giorno case)
Prigioniero è (ricoperte dalle rose selvatiche)
Respiriamo liberi io e te (rivivono ci chiamano)

Le antiche case custodi degli ideali sono crollate (restano pietre, coperte però da rose selvatiche che ancora ne testimoniano la purezza incontaminata). Mentre al contrario il mondo nuovo è prigioniero di falsi miti. Il cantante – in uno slancio vitale – intimamente rinsalda il proprio credo a quello del Duce ispiratore (“respiriamo liberi io e te”) e avverte l’ansia di ricominciare in nome dell’ideale ferito.

E la verità (boschi abbandonati)
Si offre nuda a noi e (perciò sopravvissuti vergini)
E limpida è l’immagine (si aprono)
Ormai (ci abbracciano)

I sentieri percorsi, quelli dell’ideologia, i “boschi abbandonati” ai quali molti hanno voltato le spalle non scalfisce la consapevolezza (“limpida è l’immagine”) dei superstiti che, nonostante la sconfitta, non hanno perso la fede negli ideali (“sopravvissuti vergini”) e ne coltivano la purezza pronti (“ormai”) a riprendere la lotta.

Nuove sensazioni
Giovani emozioni
Si esprimono purissime
In noi

La risoluzione di ricominciare tutto daccapo, di ricostruire, nonostante la sconfitta e i tradimenti, genere un’immediata energia catartica (“nuove sensazioni” e “giovani emozioni” che galvanizzano i nuovi apostoli (“noi”) eredi degli ideali e portatori di verità

La veste dei fantasmi del passato
Cadendo lascia il quadro immacolato
E s’alza un vento tiepido d’amore
Di vero amore

I fantasmi del passato sono quelli della disfatta e degli scontri fratricidi, ma appaiono appunto “fantasmi” travisati da dubbi ormai risolti, che si dissolvono a fronte della risoluzione di riprendere il cammino. Il quadro degli ideali è immacolato e il percorso dei nuovi eletti è accompagnato da “un vento tiepido d’amore”

E riscopro te
Dolce compagna che
Non sai domandare ma sai
Che ovunque andrai
Al fianco tuo mi avrai
Se tu lo vuoi

Ed ecco dunque che l’autore infine riscopre nell’ideologia “la dolce compagna” che nulla pretende ma tutto può, e della quale egli s’offre d’esser servitore (“se tu lo vuoi”), riaffermando definitivamente il proprio credo

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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