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La scrittura, la vita talvolta si escludono, spesso si sommano, quasi sempre si confondono. Annalena Benini, giornalista de Il Foglio, tra le penne più brillanti di oggi, indaga perché scrivere e intervista dieci autori che vivono una vocazione, una chiamata che parte da dentro e scoppia come un fuoco, rimbalza e non sa fermarsi.
La scrittura o la vita (Rizzoli, 2018) raccoglie le interviste a Sandro Veronesi, Michele Mari, Valeria Parrella, Domenico Starnone, Francesco Piccolo, Patrizia Cavalli, Edoardo Albinati, Melania Mazzucco, Alessandro Piperno, Walter Siti scovati nelle loro case o in dimensioni private, familiari, vicine. Scrivere per predestinazione, per movimentare un dolore, per stare in mezzo alla vita o distogliersi del tutto, ogni scrittore ha confessato da dove viene quella che è una direzione inevitabile da prendere.
È un mestiere che non dà tregua alla vita, se la prende tutta dalla disperazione all’esaltazione, è libertà di scrivere o schiavitù dello scrivere, non si è scissi, mai, e si è felici e annichiliti per questo.
Nessuno è scrittore per caso, per piacere o per ozio. Ci sono drammi da canalizzare nella scrittura, rotture che trovano un senso nelle pagine, felicità che non chiede altro che parole.
Scrivere è una vocazione che pretende di essere ascoltata ed è ossessione, diventa l’atto più importante, un primum movens, ma è anche dove finiscono i pensieri e si compie la vita di uno scrittore. La scrittura è dove le cose accadono, dove un’altra vita nasce o la stessa vive due volte, è mettere una luce perché non si sa dove andare in un mondo tutto dentro da capire.
Nelle dieci interviste scopriamo i metodi e i ritmi personali dello scrivere, Francesco Piccolo è dominato dal rigore, Valeria Parrella procede per appunti mai presi, Melania Mazzucco convive con i personaggi e col mondo che vuole rappresentare. Tutti e dieci sono quello che scrivono, scorazzano nei personaggi che creano, dicono verità (voglio raccontare le cose vere e non le cose giuste confessa Francesco Piccolo) perché la scrittura è fisiologica, dice Patrizia Cavalli, quindi è vita, è essere immersi, è privilegio di usarla come lente tra il mondo dentro e quello fuori.
La scrittura, come la vita, è fallimento, ansia, paura, macerie che danno nuova prosperità, è fantasma del giudizio degli altri, è qualcosa che non finisce con il libro e allora lo scrittore non se ne separa mai perché la scrittura ce l’ha cucita addosso.

La scrittura o la vita sarà presentato lunedì 16 aprile alle 18, alla libreria Ibs+Libraccio. Dialogano con l’autrice Matteo Bianchi e Riccarda Dalbuoni.

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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