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Da Organizzatori

20 maggio – 20 agosto 2017 Rocca di Cento (Fe)

La città di Cento (Ferrara) rende omaggio al grande artista Luciano Minguzzi (Bologna 1911 – Milano 2004) con una mostra antologica allestita negli spazi dell’antica Rocca, meta storica per il turismo e sede di importanti manifestazioni culturali.
Promossa dal Comune di Cento e dal Centro Studi Internazionale ‘Il Guercino’, in collaborazione con la Fondazione Luciano Minguzzi, l’esposizione Minguzzi, sculture e disegni, inserita nella Notte dei Musei 2017 – patrocinata da Consiglio d’Europa, ICOM e UNESCO – inaugura sabato 20 maggio, con una lunga serata. Presentazione alle ore 21 presso il Palazzo del Governatore in Piazza del Guercino e a seguire, fino a mezzanotte, inaugurazione alla Rocca accompagnata da un concerto d’arpa live.
Un evento d’eccellenza che fino al 20 agosto invita a scoprire i luoghi dell’arte e della cultura attraverso le opere di uno dei maggiori protagonisti della scultura italiana del Novecento, ambientate tra le mura della suggestiva fortezza sorta alla fine del ‘300, per volontà del vescovo di Bologna, e il cui aspetto attuale è frutto dell’impronta voluta nel 1483 da Giuliano della Rovere, futuro Papa Giulio II.
Minguzzi ha creato oltre quattrocento sculture, sin dagli esordi ha partecipato ai più importanti eventi espositivi internazionali, ottenendo premi e riconoscimenti, e le sue opere sono approdate nelle collezioni private e nei musei di tutto il mondo.
Dopo le ultime retrospettive allestite nella sua città natale, nel 2012 e nel 2015, la mostra alla Rocca di Cento torna a rendere omaggio al maestro bolognese con una scelta di 43 opere, compresi alcuni disegni, che raccontano il percorso artistico e stilistico e ci regalano l’emozione di un’arte viva, in dialogo tra passato, presente e futuro.
L’intreccio tra tradizione e modernità è una costante nell’arte di Minguzzi che sulle orme di Arturo Martini, Giacomo Manzù e Marino Marini, guardava agli Etruschi e all’Antelami, a Nicolò dell’Arca e a Jacopo della Quercia, per assimilarne la sintesi e la potente energia espressiva, e ugualmente ammirava la scomposizione e ricomposizione di Picasso e la capacità di far vibrare la materia di Medardo Rosso. Formatosi all’Accademia delle Belle Arti di Bologna sotto la guida di Ercole Drei e Giorgio Morandi, e di Roberto Longhi all’università, soggiorna più volte a Parigi e nel 1951 si trasferisce a Milano dove prosegue la sua carriera verso il successo.
La mostra presenta opere caposaldo in un percorso emozionale e cronologico che rivela significative scoperte formali e tematiche, dove primitivismo, espressionismo e astrazione si intrecciano alimentandosi delle tendenze europee, in uno stile originale e unico.
Ad accogliere il visitatore nel piazzale della Rocca, all’ingresso della mostra e in dialogo con la città, la monumentale Grande contorsionista (1952-89), di oltre due metri, tema molto amato dall’artista come quello degli Acrobati (1954) esposti nelle sale interne insieme a Donna al trapezio, legno policromo del 1956, Donna sul divano (1990), morbidamente distesa in posa plastica, e Op là, ultima creazione del 2000, evoluzione dinamica estrema degna del Giambologna o del Bernini che Minguzzi ha sempre ammirato, sfidando da par loro la materia.
La prima grande commissione pubblica, la V Porta del Duomo di Milano, vinta in concorso nel 1958 superando Lucio Fontana e inaugurata nel 1965, è documentata da bozzetti, disegni e dalle sculture lignee Giangaleazzo Visconti a cavallo e Frate a cavallo, riprese dalle formelle narranti la storia della cattedrale. Un’opera volutamente figurativa e tradizionale nel racconto storico-religioso eppure lo stile tagliente e geometrico è in sintonia con i coevi esperimenti astratti, tra cui i Sei personaggi (1957), ambientati nel cortile della Rocca, perché anche se Minguzzi non abbandona mai del tutto la figurazione negli anni del dibattito tra realismo e astrazione, accoglie nuovi stimoli, per esempio la scultura di Brancusi e di Harp, e raggiunge sorprendenti esiti.
In contemporanea nascono opere drammatiche come Gli uomini del Lager (1957), eseguita in ricordo della guerra e dopo la visita ai campi di Auschwitz, di cui si ammira in mostra il bozzetto; corpi scarnificati in scatole-sepolcro provviste di ante che si possano tramutare in giochi di chiuso-aperto, dentro-fuori, ripresi poi in Fiori chiari ispirata alla via milanese, in Omaggio a Gagarin, eseguito dopo il viaggio a Mosca, opere del 1969, e ne I coniugi del n. 7 (1972) inseriti in una finestra con vere e proprie persiane, da un ricordo rimasto impresso dall’infanzia.

Lo stesso “espressionismo narrativo”, che mai prescinde da una componente grottesca, si ritrova nel tema degli animali, come il fantastico Oronte (1970) e la Civetta in gabbia (1952), a cui tocca una condizione di prigionia, e certamente nella grandiosa Porta del Bene e del Male (1970-77), nata per San Petronio a Bologna e poi commissionata da Papa Montini per San Pietro in Vaticano. Le vicende religiose sono ancora una volta l’occasione per tracciare con ironia ed epos popolare momenti di profonda sacralità in cui il dramma del martirio o delle crocifissioni sono resi con quella gestualità violenta divenuta un segno di inequivocabile distinzione.

Tra le opere degli anni Ottanta, dedicate in modo più esplicito al sentimento del destino attraverso il mito, si possono ammirare Dafne (1981-84), l’inedita Grande nuotatrice (1992), tema desunto da Martini o Carrà, e l’omaggio al poeta Nievo morto naufrago in mare ovvero l’Ippolito del 1989, che rivelano un sentimento di calma e serena fiducia in ciò che ci attende.

Di quegli anni sono anche grandi chine dalle tinte accese, arricchite da colate di vino rosso, spesso su manifesti pubblicitari riciclati sul retro, o i più crudi disegni in pandan con le sculture ispirate alla guerra, tra cui la Fucilazione di Giovanni Minguzzi (1991) zio del padre che venne fucilato nel 1851 dalle forze dell’ordine a Bagnacavallo perché aveva ospitato il bandito detto Passator Cortese.
Infine una curiosità poco nota che lega Luciano Minguzzi alla città di Cento è il concorso per la realizzazione del monumento a Ugo Bassi a cui partecipò negli anni ’50, documentato in mostra dal modellino e dal busto in gesso del patriota, provenienti dalla Galleria d’Arte Moderna centese.

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