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Da Daniela Modonesi, Ufficio Stampa Meis

“Quella degli ebrei italiani è una storia incredibile, bellissima, ricca, piena di dolori e gioie, speranze e delusioni, e poco conosciuta, che il MEIS contribuirà a far conoscere. È importante fare un grande investimento sul futuro scientifico del Museo, puntare sul turismo scolastico, portare i ragazzi dall’Italia e dall’estero, perché investire in conoscenza significa offrire l’antidoto più forte a tutti i rischi e le paure di questo tempo. Arriva oggi a compimento un percorso iniziato molti anni fa ed è un segnale di grande attenzione la presenza del Presidente della Repubblica. Lo Stato italiano sarà al fianco del MEIS anche nei prossimi anni”.

Ha esordito così il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Culturali e del Turismo Dario Franceschini, intervenuto oggi, a Ferrara, alla conferenza stampa di presentazione del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, che apre con la mostra “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni”, curata da Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla. Con lui, al tavolo dei relatori, il Presidente del Museo, Dario Disegni, il sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani, Jalla e Michele Coppola, responsabile Attività Culturali di Intesa Sanpaolo, main partner dell’evento.

“L’idea – ha proseguito Franceschini – è nata nel 2003, in una discussione cui erano presenti Vittorio Sgarbi e Alain Elkann, ed è diventata legge nel 2003, quando ero da poco diventato parlamentare. Quella legge è una merce rarissima, in Italia, perché porta la mia firma e quella di tutti i capigruppo, ed è stata votata dalla Camera e dal Senato unanimemente. Lì è partito il percorso, che ha avuto una svolta nel 2006, quando si trovò un equilibrio intelligente: Roma individuò un Memoriale sui temi della Shoah e si scelse che Ferrara fosse, invece, dedicata alla storia dell’ebraismo italiano”.

E a chi gli chiede perchè proprio Ferrara, il Ministro risponde: “Perché è ha accolto con solidarietà gli ebrei quando venivano cacciati dalla Spagna, perché è stata ed è ancora oggi conosciuta per Bassani e il “Giardino dei Finzi-Contini”. Questa cosa un po’ strana e che sta dentro l’idea della città metafisica, per cui migliaia di visitatori ogni anno chiedono dov’è il giardino, mentre il giardino in realtà non esiste, se non nei nostri cuori. E poi perché la comunità ebraica qui è ancora così forte e radicata: l’ebraismo a Ferrara è nelle pietre e nelle persone. C’era un luogo straordinario, la vecchia trattoria “Nuta” di Via Mazzini, dove lavorava come aiutante la mamma di mia zia. Ed è stato così, in un intreccio di storia cittadina e familiare, che ho potuto conoscere cose meravigliose, come la cucina dello storione e del caviale secondo le ricette ebraiche tramandate di generazione in generazione”.

Ecco perché il MEIS proprio a Ferrara. “Ma è un impegno dello Stato – ha concluso Franceschini -, concretizzatosi prima con la legge, poi con i finanziamenti, oggi arrivati a 50 milioni di euro, che consentono di completare il progetto sia nella parte che vediamo oggi che in quella di architettura contemporanea. Di quest’ultima sono particolarmente orgoglioso e soddisfatto, perché dobbiamo sempre più accettare l’idea che nella bellezza dei nostri centri storici ci siano anche innesti di architettura contemporanea di grande qualità, specie se in un contesto così fortemente simbolico”.

E il Ministro ha anticipato che “proprio in queste ore, sta andando in votazione alla Commissione Bilancio della Camera un emendamento che aumenterà in modo consistente le risorse per il MEIS, per consentire al Museo di vivere nei prossimi anni, di mantenere un’attività scientifica, culturale, espositiva e di conservazione della memoria di altissimo livello. Bisogna unire risorse pubbliche a risorse private, e questa integrazione è oggi favorita anche da strumenti legislativi come l’art bonus per le donazioni delle aziende”.

Proprio in questa veste di impresa direttamente impegnata in un’azione di sostegno economico e culturale, alla conferenza stampa ha preso parte Intesa Sanpaolo. “Quando si evidenzia il rapporto tra momento di produzione culturale e mondo dell’impresa, come in questa iniziativa – ha evidenziato Coppola -, si fa riferimento al senso di responsabilità che sentiamo e al nostro ruolo nella comunità in cui lavoriamo. Non potevamo, quindi, non essere qui oggi a raccogliere l’invito del MEIS, per sostenere il racconto di come la comunità ebraica ha contribuito a far crescere il Paese, per diffonderne la conoscenza soprattutto tra i giovani e per combattere l’ignoranza. Sono iniziative che superano il momento espositivo, perché hanno a che fare con le radici, i valori, l’identità Italiana. Essere qui non solo un piacere, ma un dovere”.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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