Skip to main content

Da organizzatori

ONOMATOPEA Museo Archeologico di Belriguardo
Orari: Venerdì, Sabato e Domenica: 9.30-12.00, 15.30-19.00

Che eredità lasceremo ai nostri pronipoti? E come potranno interpretare ipotetici ritrovamenti di sinistre maschere, pur decorate ed ingentilite da leggeri piumaggi? Mery Godigna Collet, nella mostra del Museo Archeologico di Belriguardo, cerca di far sentire un’onomatopea, ovvero una risonanza, creando una contiguità delle sue opere con gli oggetti conservati.

Nel museo permanente il percorso è obbligato e i ritrovamenti di epoca etrusca e romana sfilano nelle vetrine mostrando il loro valore documentario (la vita quotidiana del tempo e la ‘filosofia’ funeraria). Anche a chi non sia interessato al loro senso storico, gli oggetti si mostrano nelle proprie qualità obiettive e sorprende il carattere del materiale: i bronzi, i cotti, le paste vitree, gli avori, le ambre, le preziose pietre d’onice e sardonica, così come sorprendono le forme ed il gusto estetico. Vien fatto, comunque, di cercare informazioni sull’uso, sul gesto delle mani che li hanno consumati e sulle abitudini. Si ipotizzano costumi e ritualità per un tempo che ci è dato conoscere solo attraverso il risultato di una lunga conservazione, dovuta al ‘sigillo’ della terra fortemente argillosa, in ambiente privo di ossigeno, cosa che ha limitato trasformazioni e deterioramento.

In ‘Onomatopea’ le opere di Mery Godigna Collet, dialogano alternate alle vetrine e simulano una provenienza arcaica, pur palesando l’aspetto intruso ed incongruo, di ambito culturale ben diverso. Sono maschere e l’evidenza del loro precedente uso le rende sinistre: maschere antigas.

Nell’ipotesi fantasiosa di trovarci noi stessi, come fossimo i nostri posteri, studiosi o semplici visitatori, in visita ad un museo archeologico, ci porremmo, forse, con lo stesso atteggiamento, ora speculativo, ora estetico. Formuleremmo delle possibilità: le maschere sono state certo concepite come accessorio legato al volto, ma per un uso pratico o per un primitivo ed animalesco rituale?

La maschera rinvia sempre ad una dimensione lontana e arcaica, a popoli ‘selvaggi’ e alla loro misteriosa e indecifrabile spiritualità. Le strane, bizzarre e grottesche maschere che popolano quasi tutti i musei etnografici continuano a esercitare uno strano fascino, si tratti di interesse per l’esotico o di ammirazione per una, apparentemente spontanea, espressività primordiale.

La maschera isolata ed osservata esclusivamente nella sua dimensione di creazione plastica, di oggetto artistico o museografico, è privata del suo originario senso. Essa assumerebbe il suo significato completo nel momento in cui fosse indossata da un individuo che esegue determinate azioni cerimoniali, in un preciso contesto comunitario. La sua funzione si esprime infatti attraverso la danza, la musica, le azioni dei personaggi che le si muovono intorno. In tutte le culture la maschera è un manufatto che richiede abilità manuali e artistiche: tuttavia spesso la sua origine è descritta come il dono di una divinità o il frutto di un ritrovamento misterioso. Si tratta di tradizioni che, comunque, tendono a negare alla maschera la qualità di oggetto fabbricato, prodotto dall’opera umana. Testimoni di un mondo spirituale oscuro e incomprensibile all’uomo comune, le maschere sono strettamente associate alla figura dello sciamano, che occultamente ne diviene il produttore.

In questo caso è Mery lo sciamano della scena. Nella metafora della maschera, Mery esplicita l’espressione fondamentale della duplicità e contraddittorietà di numerose situazioni della vita umana, ultima delle quali, non per importanza, l’immagine del connubio tra la vita e la morte.

Oscillando tra l’oscuro e il funzionale, anche Mery Godigna Collet, in questa raccolta di opere, “ONOMATOPEA”, manipola le maschere a gas, con tecniche di assemblaggio, e con ciò tenta di mettere in discussione il concetto di ambizioni personali e potere, anche a costo di inquinamento e distruzione. Comportamenti negativi verso il pianeta o verso gli esseri umani mancano di colore, come le sue maschere in bianco e nero. La consuetudine alla violenza e alla distruzione porta a non vedere più la maschera antigas come un oggetto necessario per una sopravvivenza malamente consentita, ma come simbolo di censo. Mery allora li arricchisce di decorazioni, di accessori ‘alla moda’, di civetterie.

La presentazione di questa nuova raccolta di opere in un museo archeologico, ci interroga riguardo il tipo di eredità che desideriamo lasciare.

Sin dall’inizio della sua carriera, MERY Godigna Collet esplora la coesistenza tra umani e ambiente evidenziando questioni politiche e sociali. Il suo pensiero e le sue opere sono sostenute dall’uso versatile di materiali diversi, applicati in installazioni, pittura, scultura, fotografia e video, sfidando l’osservatore per l’uso di tecniche nuove e materiali, non convenzionali, nel fare arte. Come artista concettuale, il suo approccio ai materiali e alle tecniche impiegate nelle opere attiene al rapporto linguistico tra significato e significante, i concetti si esprimono e trasformano attraverso la materia e le tecniche per la sua trasformazione.
Lucia Boni

Ferrara 20 luglio 2017

tag:

Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it