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Lettera aperta di un’addetta stampa a Rocco Casalino….

Gentile Rocco,
dovrei forse chiamarti collega, ma non ci riesco. E’ un sostantivo che implica identità di percorso, medesimo approccio alla professione, rispetto delle istituzioni. E quindi no, non ti reputo un collega, seppure sei un super stellato, in tutti i sensi, ufficio stampa.
Mi permetto di scriverti perché il tuo comportamento, la tua non-etica, danneggia chi come me lavora ogni giorno seriamente, in regia. Sai Rocco, chi fa il nostro mestiere deve sapere stare sempre due passi indietro, deve esserci senza farsi notare, deve essere informato su quel che succede nel mondo, non per suggerire, ma per consigliare. Possibilmente rimanendo nei termini della deontologia professionale. Deontologia che per me, come per altri, significa attenersi ai canoni di un concetto di comunicazione coincidente con quello di informazione. Te lo traduco? Significa che dobbiamo invitare i nostri committenti a fare dichiarazioni non ideologiche; a fare promesse realizzabili; a non cadere nella demagogia. So che per voi penta stellati che volete rifare il mondo – e avreste voluto rifarlo, come Dio, in pochi giorni – risulta difficile. E sai perché? Perché voi – non tutti voi, probabilmente, perché neppure io voglio generalizzare – non conoscete né la politica né la storia né il valore delle istituzioni. E se non conoscete, inevitabilmente, comunicate il falso. E ammesso che non sia per dolo è per superficialità.
Però ti voglio rasserenare. Essere corretti è possibile. Però bisogna studiare. Per fare l’ufficio stampa e il responsabile della comunicazione di un gruppo parlamentare, non è sufficiente indottrinare i deputati con slogan capaci di arrivare alla pancia della gente; non è sufficiente invitarli a cambiare abiti – Alessandro di Battista, oggi, sembra un perfetto borghese, uno di quelli che voi, a parole, disprezzate -; non è sufficiente fingere di non essere aggressivi e sorridere alle telecamere.

Anche nell’educazione c’è violenza. Nell’elargire imputazioni come ‘condannato’, ‘mafioso’ – Di Battista alle Invasioni Barbariche – o figlio e nipote di un ‘assassino’ – tu alla Bignardi – , c’è violenza. Ho letto l’intervista che hai rilasciato a Repubblica, in cui hai spiegato cosa vi ha fatto tanto inorridire dell’intervista fatta venerdì sera dalla Bignardi a Di Battista. Ho colto svariati ‘scivoloni’: 1) hai quasi ammesso di avere fatto affidamento sul tuo vecchio rapporto, datato Grande Fratello, con Daria Bignardi; 2) hai avuto la presunzione di giudicare la gestione dei contenuti della puntata; 3) hai ipotizzato che Luca Sofri suggerisse le domande alla moglie, come se la Bignardi fosse come voi, bisognosa di parolieri; 4) hai asserito che il tuo ruolo è proteggere i parlamentari. Ma proteggerli da chi? Dalla democrazia che loro stessi dovrebbero rappresentare? Parliamo di deputati, Rocco, gente che dovrebbe avere la forza di cambiare l’Italia con la ragione e il buon senso, non con la debolezza di sentirsi continuamente offesa per lesa maestà. In questo modo, peraltro, li hai danneggiati facendoli passare per utili idioti bisognosi di te. che detto con franchezza, che titoli hai?; 5) hai chiosato definendoti un attivista lottatore. Ma non ti fai sorridere da solo?

Caro Rocco, per me hai dimostrato un’unica cosa. Un’ansia di protagonismo di bassa ‘lega’ o a ‘cinque stelle’, come preferisci definirla. E se io fossi nei tuoi datori di lavoro, farei a meno di te. Ora finisco. Affermi che Di Battista e suo padre hanno sofferto molto per il riferimento della Bignardi a quanto dichiarato da Di Battista Senior a Radio 24, ossia di essere orgogliosamente fascista. Scusa Rocco, ma perché babbo e figlio si sono addolorati tanto se sono così autonomi e indipendenti intellettualmente? Così, Rocco, hai fatto passare il povero Di Battista per uno sciocco, un alunno cui la maestra ha fatto una domanda non prevista nel programma e lui, ingenuo, non ha saputo rispondere. E quindi, come ufficio stampa, hai sbagliato.

Caro Rocco, io, sai, come tanti colleghi che stimo al di là e oltre le idee politiche, ho studiato tanto, ho una laurea, ho fatto un esame di Stato per diventare giornalista, ho fatto tanta gavetta e ho tanto rispetto per questo lavoro. Che è bellissimo, avendo altrettanto rispetto della verità.

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Camilla Ghedini


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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