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Da Ordine degli Psicologi Emilia Romagna

Le festività natalizie, le più ricche di elementi religiosi e simbolici, sono cariche di significati psicologici. Fin dalle prime settimane di novembre luci, ornamenti e dolci tipici creano un’aria festosa.
Tradizionalmente il Natale è la festa della famiglia: l’occasione per ritrovare, recuperare e consolidare i legami affettivi e i sentimenti di appartenenza. La costruzione del Presepe, addobbare l’albero di Natale, partecipare a pranzi e cene, scartare i regalini… fin da piccoli l’educazione ricevuta, i rapporti familiari, le esperienze dell’attesa e della sorpresa ci hanno indotto a vivere magicamente il lungo periodo natalizio. Purtroppo, quella magia si può perdere.
L’immagine della ricorrenza che viene propagandata attraverso i media e la pubblicità sembra voler imporre un modello conformista di festività natalizia. Se da una parte per molte persone la pressione indotta – impegnativa e stressante per la “necessità di fare festa”, pensare ai regali, e sostenere i vari impegni sociali – è tutto sommato normale e non seriamente problematica, da un’altra parte in alcune persone le imposizioni della tradizione e degli stimoli commerciali possono suscitare malessere. A questo proposito l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna si pone una domanda: e se parte di questa felicità fosse “obbligatoria”? Quali sono gli effetti su chi non ha particolari ragioni per essere raggiante? Infatti non tutti riescono a calibrare i propri bisogni con le pressioni sociali e a entrare in sintonia con il clima imposto.
Più in generale, fastidio, irritazione e voglia che il periodo natalizio finisca il prima possibile possono essere identificati come la “tristezza da Natale”, anche nota come “Christmas Blues”, che indica di fatto una sensazione di malinconia mista a una leggera ansia. Qualcuno può vivere la pressione esercitata dalle tradizioni come particolarmente stressante, con un sentimento di inadeguatezza per non riuscire a essere felici ed entusiasti come il particolare periodo sembra richiedere. Per salvaguardare la propria salute mentale è indispensabile infatti riconoscere se ci si sente psicologicamente in linea con le richieste del contesto. Evitare di dover fingere sentimenti di gioia riduce notevolmente lo stress e consente di sintonizzarsi sui propri bisogni e non sulle aspettative degli altri. L’aspetto tranquillizzante è che comunque questo stato psicologico di disagio non è da considerarsi né patologico né preoccupante: è una situazione di malessere destinata a dissolversi poco dopo il 6 gennaio, quando si rientra nella normalità.
D’altro canto, questo momento di incontro familiare, se forzato, può anche costringere a fare i conti con aspetti irrisolti delle proprie relazioni interpersonali, con situazioni conflittuali celate e mai affrontate, che generano ansia e tensione.
Inoltre, per le persone che si trovano ad affrontare una situazione soggettiva particolarmente difficile, come coloro che hanno subito perdite affettive e non solo, i sentimenti di solitudine, abbandono ed emarginazione si possono acutizzare in prossimità di questa ricorrenza. Il contrasto tra l’ideale perfetto della festa, fatto di gioia e spensieratezza, sollecitato dai ricordi infantili, e la realtà della vita di ogni giorno, caratterizzata anche da preoccupazioni e responsabilità, può rendere ancora più pesanti quei sentimenti di tristezza e di inquietudine che spesso fanno parte della quotidianità.
Infine, chi aveva già sofferenze clinicamente significative e affezioni dell’umore può peggiorare, manifestando malesseri con sensazioni di disperazione, di solitudine, di agitazione e risposte emotive negative di “obbligata felicità”. Ne segue, purtroppo, che questo periodo dell’anno si caratterizza anche per una elevata incidenza di stati depressivi, con possibile rilevanza di tentativi di suicidio e decessi alcol correlati. Nel caso in cui lo stato di sofferenza psicologica si manifesti con una sintomatologia importante, è indispensabile consultare un professionista qualificato della salute mentale affinché possa valutare l’entità e la qualità del disturbo psicologico e, se necessario, impostare un intervento di cura mirato.

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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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Francesco Monini
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