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di Linda Ceola

Carne in scatola mangiata direttamente dalla latta. Tonno. Mais. E ancora tonno. Abitudini alimentari tipiche di una studentessa indaffarata e noncurante. Il corpo inizia a urlare a squarciagola: ciocche di capelli cadono, un rene s’infetta e il preludio di una svolta necessaria si manifesta. Dicono che un libro sia capace di aprirti gli occhi e ‘Se niente importa’ di J. S. Foer sembra essere un buon titolo per voltare pagina in una situazione come questa. Giulia Innocenzi, conduttrice del talk televisivo Announo, parte da qui e, mossa dal disgusto suscitato dai racconti di Foer sugli allevamenti intensivi americani, avvia un’indagine approfondita sulla situazione italiana. Nasce così ‘Tritacarne’, presentato domenica all’Ibs+Libraccio di Ferrara, ultimo suo libro dopo ‘La stella più lontana’ dedicato a Margherita Hack. Giulia scende dalle stelle per visitare la bassezza delle stalle e capire cosa si cela dietro l’abusata espressione ‘Made in Italy’, scoprendo che i prodotti di origine animale provengono per l’80% da allevamenti intensivi, che negano assolutamente le condizioni naturali dell’animale, sottoposti a torture legalizzate.

L’espressione “Benessere animale” utilizzata dalla legge italiana si fa beffa delle creature a cui si rivolge e nella realtà indagata da Giulia e dal suo team, perde credibilità svuotandosi e restando solo nero su bianco. All’interno degli allevamenti avvengono cose orribili perciò, per legge, l’allevatore è obbligato a compiere delle azioni risolutive. A questo proposito Giulia Innocenzi fa riferimento a un allevamento di suini della provincia di Brescia, dove si è trovata di fronte ad una situazione inconcepibile: maiali di nove mesi pesanti 160 chili, chiusi in un recinto così piccolo da non consentire loro il minimo movimento e privati in alcuni casi della possibilità di toccare il suolo. Sovraffollamento indecente. I maiali, che per natura sono animali molto curiosi e bisognosi di muoversi, non possono fare niente se non resistere, così per passare il tempo iniziano a mangiarsi vicendevolmente le estremità: orecchie, genitali, code. In questo contesto subentrano gli allevatori che, pur di mantenere la loro merce “sana” fino alla macellazione, ricorrono ‘legalmente’ a una serie di mutilazioni folli per il ‘benessere animale’ sopracitato, nonostante siano a conoscenza che la paglia, per esempio, stimolerebbe quella sete di esplorazione innata del suino, evitando di inciampare in spiacevoli scene cannibalistiche, che invece sono all’ordine del giorno. La paglia ha un costo. La manodopera necessaria a stenderla, anche. Non si può nemmeno correre il rischio che s’insinui nelle fessure del pavimento adibite al deflusso dei liquami. Troppi costi! Sacrificare code sembra essere la scelta migliore. “A una aberrazione si risponde dunque legalmente con un’altra aberrazione” afferma Giulia Innocenzi.

Il testo pone in rilievo non solo la questione etica, bensì anche quella sanitaria. In Italia oltre il 70% degli antibiotici in commercio finisce negli allevamenti intensivi; inoltre il nostro paese si colloca al terzo posto dopo Cipro e Spagna per il consumo di questa categoria di farmaci. Giulia Innocenzi non fa parlare solo gli animali e gli allevatori, dà voce anche ai numeri, consapevolizzando gli ignari e arricchendo gli informati. Il rischio di questo abuso di farmaci conduce tutti noi, nessuno escluso, all’inevitabile emergenza sanitaria detta antibiotico-resistenza, che ci ritroveremo a dover affrontare negli anni a seguire. Nasceranno nuovi batteri capaci di resistere a questi farmaci, annullandone completamente l’efficacia ed esponendoci alle malattie senza possibilità di difesa.
A proposito di salute: “In un macello del mantovano vengono uccisi 350 maiali all’ora dopo aver condotto una non vita – afferma Giulia Innocenzi –; un operaio su quattro, costretto a mantenere così elevato il ritmo di questa infernale macellazione, contrae malattie professionali alle spalle, gomiti e polsi”. Non si tratta semplicemente di un’insostenibile mole di lavoro, ma di una situazione disumana. Lavoratori impossibilitati a bere perché non c’è tempo, costretti a usare maggiore forza perché non sempre i coltelli sono affilati come dovrebbero. “C’è stato un periodo nel quale per tornare a casa dovevo accendere il Tom Tom – racconta un operaio del macello Martelli di Dosolo (Mn) nel libro di Giulia – ero così fuori, così stanco […] Mio figlio vuole essere preso in braccio e io non so come spiegargli che il papà, grande e grosso, non può”.

Con il sostegno di Paolo Bernini, Claudio Cuminardi e Mirko Busto, parlamentari appartenenti al Movimento 5 Stelle, Giulia, dopo aver vissuto sulla sua pelle tutto questo, intende presentare alla Camera tre proposte legislative di grande interesse per la nostra salute, che di questo passo sembra di certo non venir mangiando, e per quella degli animali, costretti alle torture legalizzate di cui siamo circondati. La prima riguarda l’etichettatura, al fine di raggiungere una certa trasparenza nel metodo di allevamento e macellazione; la seconda prevede una riforma sui controlli veterinari; mentre la terza e ultima intende rendere obbligatoria la presenza di telecamere all’interno degli allevamenti, una misura risolutiva che la Francia sta già sperimentando a seguito della pubblicazione virale di alcuni video, girati di nascosto nei mattatoi, dall’associazione animalista L214.
Come si fa a tacere di fronte a tutto questo? Eppure nonostante l’evidenza di una realtà ignobile, il Parlamento Europeo decide ‘saggiamente’ di stanziare cinque milioni di euro per una campagna promozionale che incentivi l’uso della carne. Gli animali continuano a essere spremuti come spugne e modificati geneticamente per aumentarne la produttività. Quella della ‘vacca a terra’ diventa pure una sindrome, quasi per discolpare l’uomo dalla ‘malattia’ contratta, quando in verità si tratta di una mucca massacrata da ritmi di produzione forzati, che superano i limiti della decenza portandola ad accasciarsi, sfatta.
Non tutte le situazioni esalano odore di verro. L’autrice non si risparmia e dà rilevanza anche a esempi degni di nota: è il caso di Luigi Chierico, meglio conosciuto con l’appellativo di ‘Noè delle Mucche’ che a partire dalla fine degli anni Ottanta si è dato una missione, ossia salvare le razze bovine in via d’estinzione.

‘Tritacarne’ vuole essere un testo informativo senza presunzioni. Giulia Innocenzi mette sul piatto della bilancia un sistema marcescente spingendo semplicemente il lettore a una maggiore consapevolezza.
“Possiamo scegliere quello che vogliamo seminare – dice un proverbio cinese – ma siamo obbligati a mietere quello che abbiamo piantato”.

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Redazione di Periscopio


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di Piermaria Romani

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Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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