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Da Comune di Copparo

Nicola Rossi Presidente Conferenza Socio-sanitaria di Ferrara.
In merito agli articoli pubblicati sulla stampa quodidiana e che riportano gli esiti di “Sanità bene comune, cosa ne pensi”, una ricerca sulla Sanità Pubblica nel territorio regionale, realizzata da Ires per conto di Federconsumatori, Auser e CGIL, penso sia il caso di fare alcune precisazioni. Mi riferisco alle conclusioni tratte dall’analisi dei dati della ricerca e della posizione della Sanità ferrarese nel contesto regionale. Ormai siamo abituati a sentirci dire che Ferrara è il fanalino di coda, al punto che ce lo diciamo da soli.

Con questo non affermo certo che va tutto bene, dico però che è stato intrapreso un percorso, sicuramente complesso, ma che qualche (timido) risultato inizia a darlo. Mi riferisco alla trasformazione in hub e spoke della rete sanitaria, la realizzazione di strutture ospedaliere altamente specializzate individuate come punto di riferimento per il trattamento di patologie caratterizzate da elevata complessità (hub), a cui sono direttamante collegati a raggera una serie di centri periferici (spoke) con ruolo di valutazione, filtro e assistenza dei casi meno gravi o cronici. Dopo 5 anni questo passaggio fondamentale si è compiuto.
La ricerca evidenzia un dato di estrema importanza, il territorio ferrarese ha più di altri un’alta percentuale di popolazione anziana e questo si traduce in una maggiore richiesta di prestazioni sanitarie. A mio parere un grosso e proficuo lavoro sulle liste d’attesa è stato fatto e i risultati si vedono, certo ci sono ancora persone che si trovano a dover attendere tempi molto lunghi prima della visita specialistica, ma questi episodi sono in netto calo, al punto che l’osservatorio che monitora i tempi di attesa, per Ferrara indica una situazione nella norma, 24 ore per le urgenze, 7 giorni per le urgenze differibili, 30 e 60 giorni rispettivamente per visite e esami programmabili.

Le strutture sanitarie sono molto cambiate negli ultimi venti anni, ma nego nella maniera più assoluta che ci sia carenza di specialisti, bravi e competenti. Stiamo lavorando per mantenere strategico il ruolo dei medici di famiglia, pedine fondamentali sulla scacchiera socio-sanitaria del territorio, per la gestione della salute di tutti i cittadini, che vuol dire tratto di unione con le strutture ad alta complessità per gli invii e Case della Salute per la gestione delle post-acuzie.

Il tema del trasporto pubblico rimane un problema da risolvere, a cui stiamo lavorando. È evidente il ritardo con cui si è affrontato il problema, avere una struttura sanitaria ad alta complessità ma difficile da raggiungere è e rimane un problema, a cominciare da una rete di bus più snella, dalla metro di superficie che ancora non c’è, da percorsi ciclabili e da una corretta gestione dei parcheggi, in una parola occorre mettere a sistema una mobilità sostenibile degna di questo nome.

Lo studio di Ires ha sicuramente il pregio di stimolare e tenere alta l’attenzione su un tema di primaria importanza come la sanità, rilevando i punti di debolezza e sottolineando le carenze del sistema, ma con l’onestà intellettuale di rilevare che i servizi per i cittadini ci sono e sono certamente di ottimo livello.

Vorrei in conclusione soffermarmi sul tema Case della Salute; sono i portoni aperti predisposti per affrontare i bisogni dei cittadini e in grado di gestirli nella fase di pre e post acuzie, il più vicino possibile al contesto familiare, mentre Cona e le altre strutture ospedaliere sono i nostri punti di eccellenza per la gestione della fase acuta della malattia.

Nel mio ruolo di presidente della Conferenza socio-sanitaria sono al lavoro perché tutte queste cose si realizzino, mettendo in fila tutte le problematiche, anche quelle evidenziate dalla ricerca di Ires, e trovando soluzioni concertate con tutte le realtà interessate. Partiamo dai risultati positivi ottenuti in questi anni per continuare il percorso al pari con le atre realtà dell’Emilia-Romagna.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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