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Non avrò altro farmaco all’infuori di te. E’ una questione di marca. Ma è anche il “verbo” sposato dal 32 per cento di un campione 475 pazienti, che hanno partecipato a un’indagine di Gruppo Salute Donna dell’Udi sui farmaci generici a Ferrara e Provincia. Se da una parte il 53 per cento di chi ne fa uso li trova efficaci quanto quelli blasonati, dall’altra si continua a guardarli con sospetto come se al prezzo più basso corrispondesse una ridotta capacità d’azione. Nonostante la loro irruzione sul mercato dal 2001, gli “equivalenti” sono medicine spesso considerate di serie “b”. La conferma arriva dall’indagine dell’Udi, la metà esatta di amici e parenti delle intervistate, il 33,9 per cento nutre poca fiducia e il 17,5 per cento anche una punta di scetticismo nei loro confronti. Al di là del gioco dei numeri, la resistenza all’uso di un farmaco generico è dettata in gran parte da una parola chiave: fiducia. Sette lettere in caduta libera quando si tratta di controllo e controllori. Lo stretto legame tra il mercato del farmaco e le istituzioni ha generato un freddo e diffidente rapporto con il pubblico al punto da spingere molti pazienti a continuare le cure con farmaci di marca nonostante l’esborso più consistente per il loro portafogli, la maggior parte della cifra è infatti a carico del malato. Le donne non sono diverse. Meglio un’etichetta ‘doc’ piuttosto dell’incertezza in cui arrancano il principio attivo, la tracciabilità e la qualità delle materie prime usate per produrre i farmaci. Fattori evidenziati dall’indagine in base alle cui risultanze si chiedono maggiori ispezioni dell’Agenzia italiana del Farmaco e programmi di vigilanza sull’effetto degli “equivalenti”.

Sono molti i sintomi della schizofrenia italiana messi a nudo dal questionario al femminile sui farmaci generici, dentro i quali devono ‘lavorare’ la stessa quantità di principio attivo e la biodisponibilità di una formula farmaceutica dal brevetto scaduto, che ha di fatto sospeso il monopolio di vendita dell’azienda farmaceutica a cui si deve la sua realizzazione. Tra i tanti “contro” descritti nell’indagine c’è la conflittualità tra i medici e farmacisti per i quali “non sempre tutti i farmaci equivalenti sono intercambiabili”, c’è un “conflitto interistituzionale tra appropriatezza prescrittiva e liste di trasparenza in ambito farmacologico”, c’è “un conflitto d’interesse tra concorrenza commerciale e qualità” e ci sono “carenze organizzative e legislative dei nostri sistemi di controllo rispetto a quelli applicati dagli anglosassoni”. E così, di conflitto in conflitto va in crisi l’assunto più importante, quello con cui i prezzi contenuti dei farmaci equivalenti avrebbero dovuto essere di supporto al diritto alla salute. Che non significa diritto al caos.

Dopo 12 anni la confusione è ancora lontana dall’essere districata ed è probabile che lo rimanga per chissà quanto ancora. Al di là della bontà dei consigli scaturiti dalla ricerca di Udi con cui si invitano i medici a promuovere una maggior informazione e i farmacisti “ad assicurare nei limiti di legge la continuità di trattamento cronico con lo stesso marchio” . In certe sale d’aspetto si fa la fila per ore prima di essere visitati e si torna a prendere la ricetta per i farmaci ordinati dallo specialista il giorno dopo. Non c’è tempo per l’informazione. E in farmacia si fa spesso la coda con il numero in mano come al supermercato. In poche parole ce n’è quanto basta per ricorrere a un’aspirina. Americana. Tanto per andar sull’efficacia sicura.

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Monica Forti


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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