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da: organizzatori

GIU’ LE MANI DAI MIEI FIGLI.
Stasera una rappresentanza di lavoratori della scuola ha impedito al ministro Giannini di parlare: urla, fischi, fischietti e cartelli. Niente da fare, parlare risulta impossibile. Dopo una mezz’ora di questo bello spettacolo, il dibattito viene annullato. Una precisazione: la contestazione inizia prima che il ministro possa sedersi sulla sedia e ben prima che possa parlare. E nemmeno ai precari che salgono sul palco e tentano di porre una domanda viene permesso di parlare.
Che pensare?
Primo: non affiderei mai i miei figli a questa gente. Per ovvi motivi, un educatore che nega con violenza il dialogo e sceglie di essere sordo e cieco ad ogni sollecitazione non fa per me. Non mi riconosco in questo modo di essere.
Secondo: la riforma Gelmini ha distrutto la scuola elementare, smantellato il tempo pieno, disfatto le cattedre di lettere alle medie, tolto le ore dei laboratori agli istituti tecnici e professionali, tagliato un enorme numero di posti di lavoro negando l’assunzione di nuovo personale, ignorato l’edilizia scolastica, ma non ha toccato i docenti, né i loro interessi particolari ed è passata senza che si indicessero scioperi, manifestazioni, blocchi degli scrutini. Questa riforma, che consiste essenzialmente in un riordino organizzativo, investe nell’edilizia scolastica, assume –molte graduatorie sono esaurite-, promette di investire risorse per incentivare l’aggiornamento, ma ha il torto di toccare i docenti, anche quelli già assunti, ha la gran colpa di introdurre la valutazione per una categoria di lavoratori abituati a giudicare, ma restii a sottoporsi alla valutazione. È una riforma incompleta, sono d’accordo, non riesce a coprire il fabbisogno di investimenti, soprattutto sull’organico di sostegno, non contempla il personale ata, ed altro ancora se vogliamo, ma è il primo passo di un processo che spero non si fermi. Perché la nostra scuola ha bisogno di entrare a pieno titolo in Europa e nel ventunesimo secolo, di aggiornamento, di formazione obbligatoria, di sicurezza nell’edilizia scolastica, di un reclutamento unico, di qualità sia per i docenti, sia per i dirigenti, di inclusione e accoglienza per tutti.
Io ho l’amara impressione che qui si protesti non per difendere gli studenti, o il loro diritto allo studio, e nemmeno per difendere “i” posti di lavoro –che sono innegabilmente aumentati-, ma che ciascuno gridi per difendere “il proprio” posto di lavoro, pubblico, intoccabile, non giudicabile.

Cristina Corazzari – Consigliera Comunale
Laura Perelli – Responsabile Scuola PD Provinciale
Paola Bertolini – Responsabile Scuola PD Comunale di Ferrara

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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