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Da: Confagricoltura

Il parere di Paolo Cavalcoli, Direttore di Confagricoltura Ferrara

Il fenomeno del caporalato, inteso nella accezione originaria del termine, ovvero di sistema illegale di organizzazione del lavoro, generalmente collegato ad organizzazioni malavitose, mirante allo sfruttamento di persone in stato di bisogno e/o di profondo disagio sociale, non può che provocare un sentimento di disgusto e di repulsione. Fatta questa doverosa premessa, lo scorso 1° agosto il Senato ha approvato il disegno di legge recante disposizioni di contrasto allo sfruttamento del lavoro in agricoltura, ed ora Governo e Sindacati premono perché il testo venga approvato al più presto e senza modifiche anche alla Camera. E’ utile ricordare che non si tratta di una nuova legge sul caporalato, perché quella esiste già ed è contenuta nell’art. 603-bis del Codice Penale; si tratta quindi, semmai, di una implementazione di una norma vigente, attraverso l’individuazione di una nuova fattispecie di reato. L’art. 603-bis prevede la reclusione da 5 ad 8 anni ed una multa da 1.000 a 2.000 euro per chi recluta un lavoratore mediante violenza, minaccia od intimidazione, per poi avviarlo al lavoro presso terzi. Questa fattispecie di reato viene confermata dal nuovo DDL, che però prevede una nuova pena se l’attività di reclutamento si svolge anche senza minaccia od intimidazione, ovvero la reclusione da 1 a 6 anni ed una multa da 500 a 1.000 euro per ogni lavoratore irregolarmente reclutato. Tutto chiaro e sostanzialmente condivisibile quindi, sennonché il DDL definisce anche una responsabilità per le imprese che impiegano manodopera in condizioni d sfruttamento, con o senza l’intervento di un caporale, nei confronti delle quali è prevista la stessa sanzione poc’anzi citata, oltre alla possibilità per il GIP di disporre il sequestro o il controllo giudiziario dell’azienda presso la quale è stato commesso il reato. Ma quali sono le condizioni che fanno scattare questo provvedimento? Per meglio dire, cosa s’intende per sfruttamento? Ebbene il nuovo art. 603-bis, se non interverranno auspicabili modifiche alla Camera, considera ‘sfruttamento’ la reiterata corresponsione di retribuzioni in maniera difforme dai contratti collettivi di lavoro, le reiterate violazioni della normativa in materia di orario di lavoro, ferie, permessi, periodi di riposo, aspettativa obbligatoria, sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro, ed ancora il sottoporre il lavoratore a metodi di sorveglianza, condizioni di lavoro, condizioni alloggiative, considerate degradanti. In sostanza, dal tenore letterale del testo e dalla sua interpretazione logica si evince come sia sufficiente che sussista la mera ancorché reiterata inottemperanza ad obblighi di carattere contrattuale per fare scattare un provvedimento penale. Premesso che le norme contemplate dal DDL non incidono in alcun modo su quelle sacche di inefficienza della pubblica amministrazione, come l’assenza di servizi di intermediazione, di controllo in materia di immigrazione clandestina, solo per citarne alcuni, io credo che taluni aspetti debbano essere necessariamente ripensati, a partire da quelli sanzionatori, la cui applicazione deve rispettare il principio di gradualità e proporzionalità in relazione alla gravità del fatto commesso. Con questa legge, se verrà definitivamente approvata, nei confronti dell’agricoltore che viola una norma contrattuale (per quanto grave ed in maniera reiterata) è previsto l’arresto e la confisca coattiva dei propri beni. E’ trattato quindi alla stregua di un criminale o di un mafioso! In conclusione, pur permanendo la sostanziale condivisione da parte di Confagricoltura Ferrara sul provvedimento contro il caporalato, non si può non stigmatizzare come gli strumenti messi in campo non siano indirizzati solamente verso chi effettua intermediazione illecita e sfruttamento di lavoratori, ma rischino di colpire soprattutto e paradossalmente le aziende che pur operando nel rispetto delle norme che governano il mercato del lavoro, dovessero incorrere accidentalmente in una trasgressione di tipo formale e questo non è accettabile. E’ pertanto indispensabile che le due Camere del Parlamento concordino tempestivamente le opportune modifiche per giungere all’approvazione del testo nel più breve tempo possibile. Se invece si vorrà portare fino in fondo questo disegno di legge, trattando allo stesso modo chi, con violenza, intimidazioni e minacce, sfrutta i lavoratori e chi, invece, assume e assicura regolarmente i propri dipendenti e incorre in violazioni che riguardano aspetti di tutt’altra natura, allora ci si prepari ad un inevitabile riduzione delle coltivazioni che richiedono un maggior impiego di manodopera, con conseguente aumento della disoccupazione.

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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