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Anche le città sono entrate nelle indagini statistiche dell’Istat che ne ha valutato il benessere equo e sostenibile. UrBes, è infatti un interessante studio che ha analizzato un campione di città con l’obiettivo di progettare una politica nazionale per le città tale da prevedere azioni e governance orientate all’incremento della qualità urbana. Ho ritenuto il progetto interessante da proporre.

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Copertina del rapporto

In premessa dello studio, attuato in collaborazione con il Cnel, si dice che “La riflessione su quali siano le dimensioni del benessere e su come misurarle è, infatti, una riflessione sui fenomeni che è necessario prendere in considerazione per migliorare una società, su come definire obiettivi di breve e lungo periodo e su come valutare i risultati dell’azione pubblica. […] UrBes può servire a rafforzare il dialogo tra amministratori e cittadini e a promuovere una rendicontazione periodica sullo stato della città da parte degli amministratori al fine di promuovere lo sviluppo di esperienze di partecipazione e di democrazia locale basate sul principio di accountability. Ciò può consentire ai cittadini di valutare i risultati dell’azione di governo e, al tempo stesso, di partecipare con maggiore consapevolezza ai processi decisionali locali. Il progetto UrBes è un lavoro in progress il cui set di indicatori potrà continuare a migliorare grazie alla collaborazione già assai proficua tra Istat e Comuni.”
A mio avviso non sono importanti i risultati che in fondo propongono aspetti conosciuti (le differenze tra nord e sud, la spaccatura tra realtà metropolitane e comuni capoluogo, molto altro ancora), ma un metodo che inizia a rilevare questioni prioritarie per la vita del cittadino, dalla sicurezza al paesaggio, al patrimonio culturale, al benessere soggettivo, ma anche la banda larga, la presenza di non profit, la quota di donne nei consigli comunali, il verde pubblico, la scolarizzazione, il lavoro, il reddito, etc. i dati raccolti sono tantissimi e sono consultabili nel rapporto [vedi].

urbes-rapportoL’approccio di una pianificazione strategica marketing-oriented è però un principio innovatore che sta alla base di questo approccio e che concepisce la città come centro che scambia valori con l’esterno attraverso un attività di importazione e di esportazione sia di beni e servizi tradizionali sia di altre attività rilevanti. Queste strategie riguardano in particolare l’assetto urbano, le infrastrutture, i trasporti, le comunicazioni, le aree attrezzate, i servizi pubblici e sociali, la sicurezza, l’istruzione, la sanità, il patrimonio storico e artistico, i parchi e i giardini, le attrazioni culturali e sportive, strategie di attrazione del turismo e delle attività economiche, il coinvolgimento di soggetti esterni (finanziari, commerciali, produttivi, etc.), strategie di comunicazione e di promozione, infine è importante, per non dire fondamentale, aggiungere le strategie di miglioramenti nei servizi pubblici che determinano in maniera spesso rilevante il consenso e comunque il grado di benessere offerto dalla città.

Su questi riferimenti si potrebbero valutare le città inserendole in specifiche categorie di appartenenza. Proviamo a giocare. Ci sono le città metropolitane che definirei ‘le leonesse’ caratterizzate dal potere economico (e dunque anche politico) con un buon livello di benessere, ma anche di complessità sociale. Ci sono le città ‘castoro’ produttive che si basano sul lavoro dei tanti artigiani, ma che hanno anche una forte caratterizzazione industriale. In queste due la popolazione aumenta e l’incremento demografico è una risorsa. Poi ci sono le città nobili ‘i cigni’ del benessere maturo, con economia statica e rivolta all’auto soddisfazione, ma che non hanno molta inventiva, al contrario dei poli innovativi ossia le città in rincorsa ‘le gazzelle’ ancora fragili, ma che fanno strada. Poi ci sono le città operaie, ‘le mucche’, che cercano di pascolare, ma che faticano ad allinearsi per una assenza di solidità di fondo e le città arretrate ‘i polli’ che rappresentano l’anello debole del sistema e operano solo in allevamento. Ci sono tanti altri animali e tante altre città. Poi ci sono ‘gli elefanti’ lenti e burocrati, ‘le lepri’ che corrono a zig zag e poi si fermano. Ferrara chi vi ricorda? Il gioco è aperto.

A parte le battute, è in elaborazione una proposta di legge a cura di una schiera trasversale di deputati che sono convinti sia ora di considerare nuovi indicatori di benessere al posto dell’ormai superato Pil. Chissà che almeno una volta la Camera ci stupisca con una legge equo sostenibile e soprattutto utile ai cittadini.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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