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10 Aprile 2017

Oh, what a dish

Tempo di lettura: 3 minuti


Me ne rendo conto da solo, non è importante e non è nemmeno impressionante ma molto spesso la storia la fanno gli equivoci e le disattenzioni.
Ad esempio, io, da una settimana, non riesco a smettere di pensare a quell’antico adagio: spaghetti, pollo, insalatina e una tazzina di caffè.
Penso che sia una frase di una pericolosità senza pari.
Ma allora, se la storia la fanno gli equivoci e le disattenzioni, perché non sguazzarci dentro belli felici e sfruttare il tutto per bene?
In fondo viviamo in un mondo che non si fa problemi a riguardo.
È per questo che allora colgo l’occasione per annunciare il mio prossimo “progetto artistico”.
Come tanti “progetti artistici” è una cagata bella e buona ma come tante cagate belle e buone può avere anche un gran perché.
Troppo spesso – aprendo internet – apprendo cose immonde.
E ho notato che tutto questo, spesso, proviene da una fonte precisa: questa orrenda pagina facebook che si chiama “Tasty”.
Non so chi ci sia dietro, so solo che c’entrano quei brutti stronzi di Buzzfeed e so anche che a volte li vorrei uccidere tutti.
Però non lo posso fare.
Allora ho deciso di usare la loro stessa sporca moneta.
Quindi prossimamente comprerò degli spaghetti, del pollo e dell’insalatina.
Poi andrò a casa e mi farò filmare e fotografare mentre:
-spacco tutto il pollo a straccetti per poi buttarlo in padella
-metto su l’acqua per la pasta
-aspetto che il pollo sia cotto
-aspetto che l’acqua per la pasta faccia il suo lavoro con le bolle
-butto il sale e poi gli spaghetti
-mentre attendo gli spaghetti metto su un caffè ma nel frattempo preparo anche una bella julienne con l’insalatina
-scolo gli spaghetti al dente e li salto in padella con il pollo distribuendo a mano e uniformemente sopra a tutta ‘sta roba la julienne di insalatina
-impiatto e servo con a parte una tazzina di caffè a parte, tipo salsa di soia per tocciare il balocco di spaghetti con il pollo e l’insalatina
Bene, questo schifo si chiama “Spaghetti a Detroit” e lo manderò proprio a loro, a Tasty – alla faccia del Bongusto – con hashtag #ohwhatadish.
Penso proprio che apprezzeranno perché fa proprio schifo, proprio come piace a loro, così, proprio tutto in un secchio.
Ma sono certo che non capiranno proprio l’equivoco, un po’ come succede a tanti di noi quando sentiamo parlare delle “fettuccine Alfredo”.
Quindi adesso basta facili battute sul povero signor Bongusto e – visto che ho appena annunciato la mia vendetta – via col pezzo della settimana.
Un pezzo che – vedi te – parla di cucina ed è preso da un album che quest’anno – vedi te – ne fa 45 e si chiama – vedi te – “Vindicator”.

Hamburger Breath Stinkfinger (“Vindicator”, Arthur Lee w/ The Group Band-Aid, 1972)

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Radio Strike


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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