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18 Novembre 2014

Orsi, Leoni e Leopardi

Tempo di lettura: 3 minuti


Il più antico dei premi cinematografici è come noto l’Oscar, nato nel 1929, da una frase di una redattrice che, vedendo la statuetta, esclamò “Somiglia proprio a mio zio Oscar!”. L’intento della istituzione del premio era la celebrazione dei nascenti fasti della settima arte; dopo di lui il modello fu seguito da molte altre cinematografie.
In Italia il più famoso è senz’altro il Festival internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il primo in Europa. La prima edizione si svolse nel 1932, sulla terrazza dell’Hotel Excelsior, con la partecipazione di divi famosi come Greta Garbo, Clark Gable, Joan Crawford.
In Europa nel frattempo assistiamo alla nascita del Festival di Cannes, la cui prima edizione si svolse nel 1946. A seguire, nel 1951 si tenne la prima edizione del Festival di Berlino: Il film d’apertura fu “Rebecca, la prima moglie”. A soli sei anni dalla seconda guerra mondiale, Berlino tornava alla ribalta internazionale in una città in gran parte ancora distrutta.
E poi via via altre analoghe iniziative come il Festival del film Locarno, San Sebastian in Spagna, i Cesar in Francia, mentre oltre oceano si affermano i Golden Globes e il Sundance.
Ma quanto sono utili i festival e i premi a orientare le scelte del pubblico e a determinare il successo anche commerciale del film?
Certamente l’Oscar al miglior film/regia ha quasi sempre un appeal sostanziale: negli ultimi anni i film premiati, “Il signore degli anelli”, “Il ritorno del re”, “Million dollar baby”, “Non è un paese per vecchi”, “The millionaire”, “Il discorso del re”, “The artist”, “12 anni schiavo”, hanno avuto un positivo riscontro commerciale.
Ma se passiamo a Venezia, Cannes o Berlino, il discorso si fa diverso: “Sacro GRA”, Leone 2013, ha incassato abbastanza in Italia, se pensiamo che era un documentario, ma all’estero è stato praticamente assente. Il caso “Kerenes”, Orso 2013, in Italia ha incassato pochissimo e quasi niente negli Usa; sorte migliore Cannes, che con “The Tree of life di Malick”, “Amour” di Haneke e infine “La vita di Adele” di Kechiche ha dimostrato maggiore capacità di attrarre pubblico e incassi.

In sostanza, è importante la promozione svolta dai festival, ma alla fine la parola passa, come giusto, al pubblico e ai suoi mutevoli e talvolta imprevedibili gusti.

Il gioco stavolta è indovinare premi e festival… per le risposte clicca qui.

1) Il titolo di almeno due film che hanno vinto più premi Oscar in assoluto.

2) Quale film che ha vinto la Palma d’oro a Cannes 2014?

3) Chi fra questi attori non ha mai vinto l’Oscar: George Clooney, Leonardo Di Caprio, Tom Hanks, Sean Penn, Russel Crowe?

4) Indicare il nome di almeno tre registi italiani che hanno vinto l’Oscar.

5) I due film italiani che hanno vinto l’Oscar come miglior film straniero prima de “La grande Bellezza”

6) Le due attrici italiane che hanno vinto l’Oscar per la migliore interpretazione femminile.

7) Il solo attore italiano vincitore dell’Oscar per la migliore interpretazione maschile.

8) Chi è l’attrice che ha vinto più Oscar?

9) Il regista americano che ha vinto più Oscar.

10) La prima regista, italiana, ad aver avuto la nomination per la miglior regia.

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Massimo Piazza


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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