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La vicenda è nota e ha sconvolto la città: Pierluigi Tartari, ferrarese di 73 anni, è stato rapito un mese fa, il 9 settembre, da una banda di tre persone, entrate in casa sua per rubare. I rapinatori lo hanno aggredito per cercare di farsi dare soldi; quindi hanno trascinato il pensionato moribondo in un casolare diroccato sperso nella campagna, dove è stato ritrovato cadavere 18 giorni dopo. La dinamica del fatto e le circostanze sono al vaglio degli inquirenti. Ciò che emerge è l’orrore dovuto all’evidente brutalità e alla disumanità dei criminali.
Cosa pensano i ferraresi ora, a seguito di questo tragico ed efferato delitto: è cambiata la loro percezione del pericolo? Cosa farebbero per garantire la sicurezza e ridurre la criminalità? Abbiamo raccolto le loro impressioni. Non tutti gli interpellati accettano di parlare. Alcuni chiedono di restare anonimi. Chi si esprime lo fa manifestando timore e insofferenza, specie nei confronti degli immigrati. Si tratta di pronunciamenti estemporanei, emotivi, che hanno valore soggettivo. Il quadro che emerge è di sostanziale allarme. Una decina di testimonianze non può essere considerata rappresentativa dell’umore di una città, ma comunque indicativa di sentimenti evidentemente diffusi. Queste le loro voci.

Marinella, negoziante di via Cavour, 47 anni
Mi sento meno sicura già da un po’ di tempo. Una volta chiudevo la mia edicola a mezzanotte, adesso sono costretta a chiudere alle otto. La zona Gad è la parte di Ferrara più pericolosa, ma in generale i fenomeni di malvivenza stanno aumentando e la polizia ha le mani legate.

Anonimo, commerciante di via Garibaldi, 65 anni
La Gad è come il Bronx, non so se rendo l’idea. Poi se vai in via Oroboni stessa cosa, in stazione non ne parliamo: tutte zone dove è pieno di quella gente lì. Io è una vita che sono preoccupato. Hanno rapinato il mio negozio, hanno cercato di entrarmi in macchina, cose che lasciano il segno. La vicenda Tartari è stata una schifezza, potevano limitarsi a dargli due schiaffoni e lasciarlo lì, tanto avevano già tutto quello che volevano in mano. Io dico sempre una cosa: se mi danno un kalashnikov li faccio secchi tutti. Non perché sono razzista, ma perché oramai è diventata un’ossessione, li trovi dappertutto, non senti neanche più parlare l’italiano qua da noi. Se lavorassero, a me non disturberebbero. La Lega ha ragione, stiano a casa loro o tutti al muro.

Marco, edicolante di via Ariosto, 43 anni
Negli ultimi tempi la delinquenza è cresciuta, dalle periferie si è allargata fino in centro, dove risse, atti vandalici e furti sono all’ordine del giorno. Già qualche anno fa nella mia edicola ci fu una rapina, di prima mattina, quindi fin da allora potenziai i sistemi di sicurezza. E’ necessario filtrare l’arrivo degli immigrati in Italia se in futuro si vogliono evitare casi come questo di Tartari.

Anonimo, studente, 15 anni
La criminalità a Ferrara è aumentata molto negli ultimi due anni. Di pomeriggio sotto al McDonald’s della piazza mi sento in pericolo, mentre di sera piazza Ariostea è insicura. Per cercare di ridurre la frequenza di casi come quello di Tartari, la soluzione, secondo me, dovrebbe essere quella di aumentare la presenza di poliziotti nei vari luoghi, anche e soprattutto del centro, più frequentati da delinquenti.

Valeria, amica della famiglia Tartari, 65 anni
Sicuramente la delinquenza è aumentata. Negli ultimi anni do qualche mandata in più alla porta e chiudo la bicicletta a chiave: roba che, a Ferrara, una volta non faceva nessuno. La sera non giro più da sola, vado sempre con delle amiche, ci accompagniamo fin sotto casa e prima di aprire il portone ci guardiamo in giro.

Anonimo, agente di sicurezza, 50 anni
Io non mi sento più in pericolo dopo il caso Tartari, perché sono della sicurezza e sono uno di quelli che ha partecipato alle ricerche. Però c’è tanta più criminalità con questi dell’est. Negli ultimi dieci anni c’è stato un bell’aumento di questi casi, in particolare nella zona Gad e dintorni. La polizia può fare poco. Ci vuole un filtro su chi facciamo entrare in Italia, più controlli.

Anonima, insegnante, 45 anni
La vicenda Tartari è uno dei tanti casi di delinquenza accaduti ultimamente, io mi sento in pericolo. La zona Gad è una delle zone più pericolose, c’è tanta gente di colore e soprattutto uno spaccio continuo. Nessuno fa niente, è ora che prendano provvedimenti perché siamo tutti stanchi. Sono disposta a pagare, ma che stiano a casa loro, così almeno non ci ammazzano. L’altro giorno a Occhiobello stavano mettendo dentro il baule della macchina una ragazzina di dodici anni. C’è da aver paura, non si riesce neanche più ad uscire alla sera.

Ilaria, pensionata, 75 anni
Nell’ultimo decennio indubbiamente c’è stato un aumento di criminalità, dovuto a tanti fattori concomitanti. Guardando il resto del mondo, direi però che è un problema comune. Io non sono d’accordo con la Lega, non servirebbe a nulla ridurre l’immigrazione, perché comunque l’immigrazione c’è sempre stata. E a Ferrara, gli atti criminosi sono commessi soprattutto da romeni, che sono cittadini europei e non hanno bisogno del permesso di soggiorno.

Si ringrazia Lorenzo Minganti, che ha collaborato alla raccolta delle interviste.

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Emanuele Gessi

Cresciuto a Ferrara, ha vissuto a Torino per fare l’università, poi ha trascorso un periodo in Danimarca per lavoro e volontariato.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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