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SEGUE – Ecco la seconda parte del servizio che ripercorre la storia del Buskers festival attraverso le vicende e le testimonianze dei principali protagonisti. Dopo avere raccolto la voce di Leonardo Rosa, autore del libro “Una strada lastricata di sogni. La vita straordinaria dell’uomo che ha inventato il Ferrara Buskers Festival” ora è il turno degli interpreti, a partire proprio da Stefano Bottoni.

IL PROTAGONISTA: STEFANO BOTTONI

Come hai reagito all’idea di Leonardo di scrivere la tua biografia?
“Inizialmente (e Leonardo lo aveva intuito molto bene) tendevo a mettermi leggermente di traverso, non per ostacolarlo nel suo progetto, quanto per il fatto che non mi sentivo pronto a parlare con lui della mia vita e delle cose che mi sono capitate davanti. Avvenimenti accaduti per una strana magia delle cose se cercate con il cuore libero. Ma questo non lo sapevo.
Poi Lui è riuscito giorno dopo giorno a farmi sorprendere dei tanti miei passaggi cronologici e a farmi aprire tutti (spero) i file della memoria. E’ stato un caterpillar!
E ha avuto ragione…troppo bello stringere tra le mani questo libro con la copertina di Claudio Gualandi (illustratore del logo e dei manifesti del Festival, ndr).

Cosa pensi del libro? Cosa hai provato leggendolo?
Mi ha fatto semplicemente sentire importante, non per il mio piacere personale (anche of course) quanto per i giovani e non giovani, insomma per le persone che hanno sogni e progetti in mente da porre in essere. Viva l’entusiasmo per le cose!

Dopo così tanti anni, tutte queste soddisfazioni, ma anche tante difficoltà, sei ancora motivato a fare il Festival?
Bella domanda! Le motivazioni sinceramente vanno e vengono e se poste bene sul piatto si pongono in senso positivo per andare avanti.
In altre parole dopo 26 anni il mio senso delle cose (mi ripeto ma suona bene così) tende a calare come le palpebre prima di dormire. Ma con un giusto caffè e la giusta idea buona si riparte.
Ci mancherebbe altro che fosse tutto automatizzato e freddo e sinceramente non servono pillole blu per pensare e fare un festival.
Con i ferraresi che durante l’anno ti chiedono le date, il Comune di Ferrara che del Festival ne fa,con grande onore, una motivazione culturale e turistica, i musicisti che da ogni parte del mondo arrivano in questa stra…affascinante città come fai a non essere motivato? Io lo sono, noi lo siamo!

La città è ancora in grado di sostenere questo Festival?
Altra bella domanda, ma da rivolgere alla città! Io credo di sì, con tutte le migliorie.

IL PERSONAGGIO: MONICA FORTI

La giornalista ferrarese, firma di Ferrara Italia, è stata la prima addetta stampa del Festival, come si racconta diffusamente nel libro di Rosa.

“Penso alla prima edizione come a un’esperienza tra le più emozionanti e a una scommessa vinta. So quanto sia impegnativo ricostruire un pezzettino di storia contemporanea della città, forse l’unico attraversato dalla multiculturalità. La presenza di artisti stranieri, il fatto di passare dei giorni con loro e di stringere dei rapporti che poi restano è uno dei lati affascinanti di questa storia, volendo potrei girare il mondo da “ospite” e qualche volta l’ho anche fatto.
E’ un bello scambio, tanto più in un periodo come questo le cui ristrettezze economiche non risparmiano nessuno. In questo il Festival è davvero attuale, nel Dna ha una filosofia low cost, che ha preceduto la disfatta del portafoglio.
Per il Festival c’ero dalla mattina all’alba del giorno dopo. A scrivere, rispondere, organizzare, ballare, ascoltare…un sacco di verbi, un sacco di ricordi.
Ai Buskers devo molto: mi hanno sposata! Mio marito (il musicista e artista di strada Beppe Boron, ndr) l’ho conosciuto al Festival. Posso dire che nella vita privata, ma anche in quella professionale hanno contato moltissimo. Una traccia indelebile.

Far conoscere un evento del genere all’inizio non deve essere stato cosa da poco.
La comunicazione nel caos allegro e talvolta esagerato di una manifestazione tanto cresciuta con gli anni è faticosa, ma dà anche molte soddisfazioni. Il primo anno far parlare del Festival non fu una cosa semplice, ma l’insistenza, la novità e la voglia che se ne parlasse hanno dato il risultato sperato dalla Rai a Red Ronnie, che girò un sacco di cose e non ne fece niente. Mah?! Il Ferrara Buskers fu anche l’occasione di uno dei miei primi servizi su un giornale mito nazionale Frigidaire, il top dell’alternativa dell’informazione in controtendenza, andai a Roma a proporlo a Vincenzo Sparagna, che forse aveva più naso di Red Ronnie e lo pubblicò con le foto in bianco e nero di Beppe Benati. Gli altri nove anni sono stati più professionali, venivo dalle redazioni, dal quotidiano, periodico, sapevo un po’ meglio come muovermi e cosa volevano i giornalisti. Curiosavo dentro il Festival per trovare storie, strumenti strani e progetti particolari, coordinavo interviste a radio e cercavo luoghi adatti alle troupe le riprese di approfondimenti. Sempre sul filo dell’emergenza. Un bella palestra. Umanamente è stato un arricchimento, delusione incluse quando si sono presentate. Nulla è mai idilliaco. Certi artisti sono bravi ma capricciosi e prigionieri di un individualismo eccessivo, certi giornalisti sono indisponenti, supponenti, impreparati e maleducati. Si deve respirare profondamente per non mandarli affa. Naturalmente è capitato, non spesso ma è successo, in ogni caso mai al primo contatto. Altri sono carini e quando capita ci si sente con piacere.

Com’è stato il tuo rapporto col “capo” Stefano Bottoni?
Stefano, come ho avuto modo di scrivere in Fiori di Zucca, va letto come un libro. Dietro ogni metafora c’è un mondo il cui accesso è possibile solo attraverso alla conoscenza, alla frequentazione. Ha una visione sua e devo dire che è una delle poche persone riuscite a darle concretezza. Tanto di cappello, non è da tutti, del resto non a tutti viene in mente di mettere insieme il museo dei tombini di tutto il mondo e naturalmente il festival. Il nostro è un buon rapporto e tra i miei ricordi c’è un viaggio a Dublino con tanto di ritiro di tombino e visita alla residenza del sindaco, raramente mi sono divertita tanto. Un’avventura vicina al teatro dell’assurdo di quelle da pizzicarsi per capire se quanto succede intorno è reale o meno. Una cosa è certa, quando Stefano si mette in testa una cosa, riesce a realizzarla con il suo modo e il suo metodo. E con la camicia a fiori sempre addosso. E’ un uomo colorato e molto determinato. Abbiamo condiviso molto negli anni, a cominciare dalla prima storica edizione, un legame per sempre. Difficile a parole dare connotati a un’emozione tanto forte come quella di allora. Non si era soltanto giovani o più giovani, si era vivaci e propositivi. Si è costruito, tant’è che il festival c’è ancora ed è conosciuto ovunque.

Consigli per le prossime edizioni?
Mi piacerebbe si potessero aprire i giardini delle case per creare nuovi spazi, che meglio si presterebbero a valorizzare generi musicali come la classica e il jazz. Sarebbe gradevole per gli artisti e il pubblico che nel guardarsi intorno scoprirebbe una Ferrara inedita e bellissima.

IL FESTIVAL: ANTEPRIMA 2014

Il Festival quest’anno si svolgerà dal 21 al 31 agosto con varie tappe.

21 agosto: Venezia.
22 agosto: Comacchio.
23 e 24 agosto: Ferrara.
25 agosto: Lugo.
26 – 31 agosto: Ferrara.

Questa edizione sarà dedicata alla Mongolia.
Ecco alcune anticipazioni in esclusiva dagli organizzatori.

“Mistica ed incantata, la musica della Mongolia sembra raccontare lo spirito della natura, il ritmo incalzante del vento. Anima nomade ben incarna l’essenza girovaga degli artisti del Ferrara Buskers Festival. Sul palcoscenico open air saranno almeno quattro i gruppi, diversificati per stili musicali, che dalla capitale mongola Ulan Bator arriveranno a Ferrara, grazie alla collaborazione del Ferrara Buskers Festival con l’Ambasciata mongola in Italia e Nomad Adventure. Saranno protagonisti tra i 20 gruppi invitati della manifestazione e tra i circa 1000 artisti accreditati che ad ogni edizione trasformano il centro storico cittadino in un pianeta multietnico e multi-sonoro tra la curiosità e il coinvolgimento di un pubblico sempre più numeroso.
A dare ufficialità al gemellaggio tra il festival e la Mongolia, ci sarà anche S.E. Shijeekhuu Odonbataar, l’ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Mongolia in Italia. Potrà ascoltare con gli spettatori tra le vie e le piazze della città estense – accompagnato dal Direttore Artistico e Ideatore del Ferrara Buskers Festival Stefano Bottoni e dal Direttore Organizzativo Luigi Russo – i ritmi etno jazz di Arga Bileg e i suoni etnici e raffinati dell’ensemble di sole donne di Hulan (che ha già partecipato al Festival nel 2008), in un insieme di musica, danze e contorsionismo. Oppure soffermarsi davanti ad un trio di classica o al risuonare di un canto armonico overtone.
Un Festival sempre più green grazie all’anima ecologica della manifestazione, che torna con il riuscitissimo Progetto EcoFestival – all’insegna di azioni sostenibili per vivere la rassegna – rinforzato dalla certificazione Iso 20121 e dal prestigioso Premio CulturaInVerde ottenuto alla fine del 2013”.

Il programma è ancora in via di definizione e sarà ufficializzato a fine luglio, intanto si possono seguire tutte le novità sul sito: www.ferrarabuskers.com.

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Stefania Andreotti

Giornalista e videomaker, laureata in Tecnologia della comunicazione multimediale ed audiovisiva. Ha collaborato con quotidiani, riviste, siti web, tv, festival e centri di formazione. Innamorata della sua terra e curiosa del mondo, ama scoprire l’universale nel locale e il locale nell’universo. E’ una grande tifosa della Spal e delle parole che esistono solo in ferrarese, come ‘usta’, la sua preferita.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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