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da: ufficio stampa Comune di Comacchio

Dopo la firma del Patto per il lavoro con una progettualità di largo respiro sino al 2020, in grado di offrire risposte al mondo della scuola e delle imprese, ma anche all’esigenza di crescita occupazionale ed economica, oggi è ufficialmente partita un’altra sfida strategica per il territorio. Durante l’incontro odierno con la stampa il Sindaco Marco Fabbri ha lanciato la candidatura di Comacchio a Capitale della Cultura italiana per il 2018. La proposta arriva dopo un atto di grande valenza simbolica, grazie al quale è stata sancita una coesione forte tra le componenti del territorio, in quanto il Patto per il Lavoro contempla, tra le 20 azioni da avviare ed in parte già avviate, il recupero dell’identità storica e la valorizzazione delle tradizioni culturali locali. “Le strategie per il futuro sono già state pianificate – ha commentato l’Assessore alla Cultura Alice Carli – e da tempo si sta lavorando intensamente sul grande progetto del museo archeologico Delta Antico, che racconta l’identità del territorio.” L’intento dell’Amministrazione Comunale è quello di allacciare anche relazioni importanti con la rete museale internazionale, promuovere mostre archeologiche, scambi e prestiti con altri territori. Anche i progetti di recupero delle tradizioni e di mestieri antichi, come quello del salinaro, con un processo di rivitalizzazione della vecchia salina e di riqualificazione del comparto vallivo, si muovono nel solco tracciato dal Patto per il lavoro e dalla candidatura annunciata oggi. “Ci sentiamo responsabilizzati a cogliere nuove sfide – ha dichiarato il Sindaco Marco Fabbri -, partendo dallo stimolo che ci ha offerto il Bando per il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2018, emanato il 31 marzo scorso dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. La vera sfida – ha aggiunto il primo Cittadino -, non è arrivare al risultato. Ci troveremo davanti a colossi dai quali non ci facciamo intimorire. Occorre aprire un dialogo, un confronto con tutte le componenti della società.” Il primo passo verso la candidatura di Comacchio a Capitale della Cultura Italiana per il 2018 sarà compiuto giovedì 21 aprile con un momento di riflessione, al quale sono chiamati a partecipare i talenti locali, scrittori, musicisti, fotografi, grafici, giovani della Fab Lab “Spazio Marconi”. Si parte con “Gli stati generali del turismo e della cultura”, come grande operazione di ascolto e di confronto, per sostenere il comitato promotore. Entro il 31 maggio potrà essere formalizzata al Ministero la manifestazione di interesse, mentre entro il 30 giugno, sempre a Roma dovranno pervenire le candidature ufficiali accompagnate da un progetto che le illustra. Per Comacchio sarebbe una meta ambitissima il titolo di Capitale italiana della Cultura, dopo Matera nel 2015, Mantova che lo è quest’anno e Pistoia, che lo sarà per il 2017. Intorno alle scelte programmatiche, che andranno a definire la candidatura è previsto dunque il massimo coinvolgimento della comunità. Dopo la costituzione dei gruppi di lavoro, come ha specificato il Sindaco, “proporremo un metodo di lavoro ed un calendario fitto di incontri. Si aprirà una concertazione – ha aggiunto il Primo Cittadino -, fatta di tavoli tematici con associazioni ed imprese, per creare opportunità all’economia del territorio.” Nel 2015 sono state una trentina le città italiane che hanno concorso al titolo, mentre per quest’anno si sono già attivate Recanati, Piacenza e Spoleto. Tra le linee guida del progetto comacchiese anche la capacità di incrementare l’attrattività turistica del territorio e la realizzazione di opere ed infrastrutture di pubblica utilità, destinate a permanere al servizio della collettività.

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COMUNE DI COMACCHIO


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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