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Un paio di jeans, una t-shirt in cotone, una felpa primaverile con cappuccio, un paio di slip e un paio di calze di cotone pesano circa 1 kg. 1 kg di abiti recuperati equivale a 3,6 kg di Co2 non emessa, 6.000 litri di acqua risparmiata, 0,2 kg di pesticidi e 0,3 kg di fertilizzanti non utilizzati. Benché in percentuale nettamente inferiore a quanto accade nel resto d’Europa, in Italia si intercetta il 22% degli abiti usati e buttati via; secondo i dati Ispra, nel 2014 sono stati raccolti poco più di 124.000 tonnellate, circa 2 Kg di abiti pro capite.

A oggi, la raccolta di abiti usati e dismessi avviene attraverso il conferimento nei grandi contenitori collocati in strada, il deposito presso le parrocchie o le associazioni di volontariato. A Ferrara e provincia sta per partire R.I.T.A., un ambizioso progetto per la creazione di un circuito virtuoso di raccolta, riutilizzo e riciclo di abiti e materiali tessili, ideato e promosso da Area/Clara assieme all’ Opera don Calabria – Città del Ragazzo e all’Azienda Servizi Ospedalieri, che mira a coinvolgere le Cooperative Sociali e le Amministrazioni pubbliche fra le quali al momento ha dato adesione il Comune di Voghiera.

Il progetto di Riuso Intelligente Tessili Abbigliamento, presentato allo Ferrara Sharing Festival, mira a recuperare il materiale di qualità evitando lo speco prima ancora che divenga rifiuto, coinvolgendo diverse realtà del ferrarese per la creazione di reti territoriali strutturate che permettano la raccolta sistematizzata di prodotti tessili, per l’inserimento di persone svantaggiate attraverso l’adesione a percorsi formativi e stage ed esperienze di lavoro all’interno dei laboratori di produzione recuperando e valorizzando le competenze di persone espulse dal mercato del lavoro. Tutto questo all’insegna della sostenibilità ambientale, economica e sociale.

L’operatività di R.I.T.A. vedrà nei prossimi mesi la messa in opera di due filoni di intervento: uno che si muoverà verso la raccolta e il riutilizzo di tessili ospedalieri per la creazione di nuovi prodotti, l’altro verso il riutilizzo di materiali tessili di scarto familiare. In parallelo fra i due c’è la necessità di individuare e creare dei centri di riuso, secondo le indicazioni della legge regionale n.16/15 a sostegno dell’economia circolare.

Per quanto riguarda l’utilizzo dei tessuti tessili ospedalieri, R.I.T.A. eredita i risultati positivi dei protocolli Lowaste (Local waste forsecond life products), importante progetto Life conclusosi nel 2014, che aveva visto protagonisti il Comune diFerrara e la Servizi Ospedalieri S.p.A, insieme a Hera S.p.A e Impronta Etica.
Il tessuto tecnico ospedaliero (quello dei camici e teli per sale operatorie) e la biancheria di cotone (lenzuola, federe, coperte) per regole sanitarie possono essere utilizzati solo per 50 lavaggi; esaurita la loro esistenza “ospedaliera” possono però essere reimpiegati in altri settori, vista l’alta qualità del materiale stesso. R.I.T.A. si propone di acquisire questi materiali – già opportunamente sanificati – e di metterli a disposizione dei laboratori per la produzione di altri oggetti tessili. Per quanto riguarda gli abiti dismessi, la raccolta porta a porta fornirà materiale “fresco” da lavorare, riadattare, rimodellare, reinventare.

“Alla Città del Ragazzo abbiamo già dei laboratori tessili ben attrezzati da utilizzare per R.I.T.A. – ha spiegato Silvia Cavicchi che collabora al progetto – e siamo in dirittura di arrivo per l’individuazione di un primo Centro di Riuso. Coinvolgeremo operatori e operatrici del settore tessile attualmente fuori dal mondo del lavoro per formare giovani in difficoltà alla progettazione e realizzazione di nuovi oggetti e al recupero di abiti dismessi. Questi beni nuovi ma provenienti da materiali riutilizzati verranno immessi sul mercato per sostenere economicamente il progetto, ma l’idea è di arrivare a creare un brand da distribuire, magari in collaborazione con aziende del territorio”.

“Per il primo circuito di abiti usati si prevede l’avvio di un progetto sperimentale in ambito intercomunale di ridotte dimensioni nei primi mesi del 2017, con la raccolta porta a porta in accordo con le associazioni del volontariato che oggi si occupano della raccolta stradale. – ha spiegato poi Gian Paolo Barbieri, presidente di Area/Clara – Snodo fondamentale del progetto saranno i centri di raccolta e riuso: essi possono ricoprire un ruolo importante a livello locale, nei confronti della cittadinanza se concepiti come luoghi di lavoro aperti al pubblico, per la crescita della consapevolezza e la prevenzione alla produzione di rifiuti, anche in ambito tessile”.

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Ingrid Veneroso


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di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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