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di Claudio Fochi

Migliaia di turisti stranieri e italiani rimangono ogni anno favorevolmente colpiti dalla bellezza della nostra città e, dopo averla visitata, si chiedono come mai la sua bellezza non vada di pari passo con la sua fama. Anche i ferraresi sono coscienti e stupiti di questo.
Purtroppo le cifre mostrano a Ferrara un calo di presenze turistiche e museali negli ultimi anni (soprattutto dal 2007 al 2012), nonostante dati statistici più incoraggianti negli ultimi mesi.
Cerchiamo di indagare i motivi per cui Ferrara non ha il turismo che merita.

Marginalizzazione geografica e rete dei trasporti
Bisogna saper contestualizzare la nostra città geograficamente.
Per gruppi e turisti individuali, italiani e stranieri, che non abitano vicino a Ferrara e non hanno tempo illimitato a disposizione, non possiamo ignorare che Ferrara è sul percorso Firenze-Venezia ed è circondata da altre città con alta priorità turistica (Padova, Bologna, Verona, Ravenna); perciò Ferrara non sempre viene inclusa nelle soste dei vari tour.
Inoltre fin dall’antichità, la zona dove oggi sorge Ferrara si è trovata al di fuori della direttrice segnata dalla Via Emilia, anche perché, per essere precisi, Ferrara è di fondazione alto-medioevale, (VII sec. d.C.) perciò ai tempi dell’Impero doveva ancora sorgere e non ha potuto poi capitalizzare su di una rete di trasporti già strutturata. Una marginalizzazione nella rete di comunicazione e trasporti di cui risente ancora.
E’ vero che oggi si trova sulla tratta ferroviaria e stradale Firenze-Bologna-Venezia, ma è altrettanto vero che nella rete dei trasporti che la servono ci sono punti deboli, soprattutto nel trasporto ferroviario (treni veloci – Freccia Rossa, Italo – per non parlare di ulteriori fermate recentemente soppresse). Ciò non giova certo al turismo locale.

Concorrenza del turismo congressuale
A livello di turismo congressuale, oltre ad avere un’economia più debole, Ferrara è schiacciata dalla concorrenza di altri centri a forte vocazione congressuale (Bologna, Rimini, Verona, Padova).

Identità
Le ragioni che stanno alla base di un turismo che non decolla come dovrebbe sono molteplici, ma senz’altro una delle principali è il modo in cui Ferrara viene percepita in Italia e all’estero. La sua ‘identità’ percepita.
Faccio alcuni esempi concreti e ben noti di come vengono immediatamente percepite – a livello internazionale – alcune città, già universalmente note poiché associate nell’immaginario turistico collettivo a una emergenza culturale o turistica subito individuabile: un ‘marchio’ che non ha bisogno di promozione.
Partiamo da macroscopici esempi internazionali e nazionali: Parigi e la Tour Eiffel; Londra e il Big Ben, il Tower Bridge, la famiglia reale; Mosca e il Cremlino; S.Francisco e il Golden Gate; Siena e il Palio e Piazza del Campo; Parma e il prosciutto. Sì, avete capito bene: Parma è conosciuta in tutto il mondo perché prosciutto crudo in inglese si dice “Parma ham”. Ravenna e i mosaici; Verona e Romeo e Giulietta, sfruttando mirabilmente questo aggancio con la letteratura; Bologna e le due torri e l’antica università Alma Mater; Napoli e il Vesuvio e il suo golfo; Roma e il Colosseo e il Vaticano; Firenze e il Rinascimento ‘par excellence’; Pisa e Piazza dei Miracoli con la torre pendente.
Molto dipende, come abbiamo visto, da come la lingua più diffusa al mondo (nel campo turistico, l’inglese) percepisce culturalmente le varie città, ma anche da ‘marchi’ forti e indelebili. Faccio un esempio pratico: molti turisti americani, australiani e giapponesi chiedono se è nella nostra città che si fanno le auto da corsa (Ferrari e Mussolini sono i due nomi italiani più noti al mondo) o se ci sono cave di marmo bianco (confondendo Ferrara con Carrara, il marmo scolpito da Michelangelo).

Quale marchio per Ferrara?
Ferrara non ha il turismo che merita a livello internazionale e nazionale perché non ha un ‘marchio’ forte, internazionalmente noto, da spendere a livello di promozione turistica. Non ha un’identità nota a livello internazionale su cui poter investire a livello di incoming. Un marchio fortemente caratterizzato che sia turisticamente vincente e che non si sovrapponga ad altri più noti.
E qui vorrei aprire la discussione: su quale marchio fortemente identitario puntare investimenti che facciano finalmente decollare un turismo, da sempre piuttosto anemico in confronto ad altre realtà limitrofe?
Il Palio? No. Caratterizza già fortemente Siena. Lo stesso motivo per cui a Verona non si può puntare prioritariamente sull’Arena (percepita come copia minore del Colosseo) se non attraverso la Lirica. E’ inutile investire cifre cospicue e propagandare che il Palio Estense è più antico di quello di Siena. Lotta impari. Ammettiamo con onestà intellettuale che le grosse somme convogliate sull’Ente Palio dalle giunte comunali finora succedutesi non hanno avuto congruo ritorno in termini di incoming. Lodevole, invece, l’impatto del Palio sulla cultura cittadina e la mobilitazione culturale e storica nelle contrade. Ma quello è un altro discorso.
Il Castello? Solo in parte. In Italia esistono tanti bei castelli e alcuni, come quello di Mantova, molto simili e vicini al nostro. Il nostro però ha l’acqua intorno nel pieno centro della città e non in prossimità o vicino a laghi come Mantova e Sirmione. Dettaglio non secondario.
La Cattedrale? Solo in parte. Solo in Emilia-Romagna abbiamo forti concorrenti fra cattedrali romanico-gotiche e battisteri (Bologna, Parma, Modena) per non parlare di altre regioni, anche limitrofe.
Castello e Cattedrale insieme? Certamente. Ferrara è sia “Castle town” che “Cathedral town”, come la splendida Chichester nel Regno Unito – che ha anche una bella cinta muraria – e per di più sono vicinissimi (da uno si vede l’altro), situati inoltre in un centro storico che è zona pedonale, quindi ottimamente fruibile. È tuttavia vero che ci sono in Italia sia castelli sia cattedrali molto noti che sono già marchi identitari di città (Orvieto o Milano con cattedrale e castello).
Il Palazzo dei Diamanti? Certamente. Si tratta di un’unicità italiana. Forse è il più noto esempio di bugnato rinascimentale. Ci sono comunque altri esempi italiani di edifici rinascimentali con bugnato pronunciato (per esempio la Chiesa del Gesù a Napoli, originariamente edificio civile e antecedente dal punto di vista costruttivo; un bel Palazzo con splendido e pronunciato bugnato a Verona, di proprietà bancaria). Tutti questi esempi non reggono la concorrenza del Palazzo dei Diamanti, la cui fama è internazionale (in alcune guide di Lisbona si puntualizza come la “Casa dos Bicos” sia ispirata al Palazzo dei Diamanti di Ferrara). Se poi il detto palazzo è associato a importanti mostre d’arte, va da sé che si tratta innegabilmente di un valore aggiunto. Tuttavia da solo, il pur nobile palazzo non può essere un asset vincente per invertire i flussi turistici a Ferrara.
Palazzo Schifanoia? Ottima emergenza culturale da incentivare con attività promozionali. Ha un importantissimo ciclo di affreschi quattrocenteschi pagani, ma non dimentichiamo i più famosi affreschi praticamente coevi del Mantegna nella camera picta di Palazzo Ducale nella vicina Mantova.
Le Mura? Assolutamente sì. Abbiamo le mura rinascimentali più lunghe d’Italia (circa 9 km) con terrapieno percorribile e pista ciclabile esterna. Senz’altro giustificano grossi investimenti in termini di promozione turistica ed è semplicemente scandaloso che l’attuale amministrazione comunale non abbia voluto inserirla, per una spesa irrisoria, nella rete europea delle città murate (Ewt-European Walled Towns) l’unica esistente. Proprio Ferrara, che detiene il primato italiano. Autentico esempio di miopia culturale di provincia che sarebbe comunque facilmente sanabile con un barlume di volontà politica.
L’Addizione Erculea (con Palazzo dei Diamanti, Piazza Ariostea, Parco Massari e Corso Ercole I° d’Este)? Splendide sinergie con forte specificità e già itinerario turistico vincente, proposto come “primo piano urbanistico organico rinascimentale”. Piuttosto difficile tuttavia da proporre a un’audience turistica più vasta non ferrata o competente in termini di urbanistica.
Le Delizie Estensi? (Schifanoia, Belriguardo, Verginese, Castello della Mesola e altre)? Davvero interessante come percorso turistico e da anni battuto (con parziale successo) dalle associazioni turistiche locali. Non dimentichiamo che esistono percorsi strutturati (e fluviali) ben più noti: basterebbe citare le ville venete del Brenta, la navigazione sul Mincio o i più lontani Castelli della Loira, fra gli itinerari più noti, per non menzionare la più organizzata e gratificante navigazione sul Danubio.

Oltre ai casi citati, esistono altre interessanti specificità locali da incentivare a livello di promozione turistica associata al marchio Ferrara, inclusi eventi (dai Buskers al Festival di Internazionale, dal Ballooon Festival alla Vulandra), itinerari tematici (eno-gastronomico, ebraico-letterario con Giogio Bassani e il Giardino dei Finzi Contini, o anche solo letterario con Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, oppure il modernismo, attraverso il legame privilegiato di Giorgio de Chirico con Ferrara). E tanti altri. Tuttavia è evidente che per promuovere un marchio vincente, capace di attrarre grossi flussi, ci vuole una proposta integrata, basata su virtuose sinergie.
Una proposta con tali caratteristiche esiste già. E’ incarnata dalla motivazione che l’Unesco ha fornito per l’inserimento di Ferrara nei siti censiti del suo patrimonio culturale da salvaguardare.
Cito testualmente: “Ferrara, progettata in modo esemplare nel corso del Rinascimento, ha mantenuto intatto il suo centro storico. Le sue regole di pianificazione urbana ebbero una profonda influenza sullo sviluppo dell’urbanistica durante i secoli successivi.
Le delizie dei duchi d’Este nel Delta del Po illustrano in modo eccezionale l’influenza della cultura del Rinascimento sul paesaggio naturale.
Il Delta del Po è un paesaggio culturale mirabilmente pianificato che conserva splendidamente la sua forma originale”.
Da una lettura attenta si evince chiaramente che oltre al centro storico, due sono gli elementi fondanti di tale riconoscimento: la pianificazione urbana rinascimentale (ossia l’Addizione Erculea) e il Delta del Po, antropizzato dalla nobile presenza delle Delizie Estensi.
Ecco quindi il termine di riferimento da tener presente per un efficace sviluppo turistico di Ferrara che possa in prospettiva valorizzarne le sue potenzialità: il legame fra la città e il suo Delta.
Non solo, quindi, collegamento strategico sempre più efficiente tra la città e i Lidi Ferraresi, particolarmente importante nei mesi estivi. Ma anche, e soprattutto, tenendo conto delle più recenti analisi dei trend internazionali di sviluppo turistico, il collegamento fra la città e il suo Delta con le varie stazioni ed emergenze naturalistiche ed architettoniche, di cui fornisco un brevissimo elenco: il centro storico di Comacchio e le Valli; il Boscone e il Castello della Mesola; l’Abbazia di Pomposa; le valli di acqua dolce di Argenta; le Delizie Estensi di Belriguardo e del Verginese.

Tenendo presente che le analisi dei flussi turistici a livello europeo mostrano un aumento di domanda su cicloturismo, turismo ambientale (incluso bird-watching, un emergente bird-feeding e addirittura tree-spotting), turismo eno-gastronomico e turismo fluviale, mi sembrerebbe più che mai opportuno puntare strategicamente sul potenziamento di queste componenti, favorendo e investendo in circuiti turistici su piste ciclabili e vie d’acqua, capaci di integrarsi con proposte eco-ambientali ed eno-gastronomiche.
Da ciò si evince, inoltre, la necessità di implementare e potenziare un turismo eco-sostenibile ‘lento’ – ma non troppo – che preveda spostamenti strutturati lungo fiumi e canali navigabili.
Ferrara e l’acqua. Ecco il messaggio dell’Unesco.
Poter facilmente raggiungere (per ora solo un sogno), magari via acqua, dopo aver visitato la città, le Delizie Estensi di Belriguardo e del Verginese. Incentivare il percorso fluviale per le Valli di Ostellato e quelle di Comacchio, con sosta nel centro storico. Il Castello e il Boscone della Mesola.
Ma ciò ci porta verso il prossimo approfondimento: Ferrara e l’acqua.

1. CONTINUA

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Redazione di Periscopio

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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